Leggere il libro del tedesco Ernst Jünger, Nelle tempeste d’acciaio, significa rivivere, anche a distanza di cento anni quanto succedeva nelle trincee, nel suo caso del fronte occidentale, quello che separava la Germania dalla Francia. La storia, però, è simile, ovunque si sia combattuto. E l’unica certezza è che si è combattuto forte, senza risparmiare vite umane. Gabriele D’Annunzio, da par suo, ha vissuto la Prima guerra mondiale come un eroe d’altri tempi. È Achille, ma potrebbe anche essere Ettore che combatte per la propria Patria; è l’eroe che non può accettare il verdetto di Versailles e che prova l’azione di forza su Fiume, dando all’Italia la Carta del Carnaro, scritta dal sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris, con la volontà di introdurre i diritti dei lavoratori, le pensioni di invalidità, il suffragio universale maschile e femminile, il corporativismo. Pure Giuseppe Prezzolini combatte; nel 1918 è al fronte con gli arditi sul Monte Grappa e sul Piave. Già nel settembre di quell’anno ha iniziato a pubblicare sulla Rivista di Milano una serie di articoli che poi confluiranno nel Codice della vita italiana, pubblicato nel 1921. Si tratta di una delle più forti accuse alla società borghese del periodo, un humus del quale si alimenteranno gli opposti estremismi, il Fascismo, da una parte, e il Comunismo, dall’altra. Al fronte, sempre da volontario, è anche Giuseppe Ungaretti, il quale mette in versi la vita di trincea e le riflessioni amare sul senso della vita, così come Carlo Emilio Gadda. Filippo Tommaso Marinetti è presente a Caporetto, ma anche a Vittorio Veneto. Un ruolo di supporto alle truppe, lo ebbe Ernest Hemingway. Appena diciottenne all’ingresso degli Stati Uniti in guerra, Hemingway si arruolò, anche, se per problemi alla vista, non fu inviato a combattere in prima linea, ma fu destinato al soccorso e alla distribuzione di generi alimentari, restando gravemente ferito sul Piave. L’Italia gli assegnerà una medaglia al valore militare.