Per tornare a crescere l’Italia ha un disperato bisogno di rilanciare la domanda interna, investimenti e consumi. Quella che sembra una ovvietà non è però una cosa scontata. Molto dipende dalle politiche economiche che si riescono ad attuare o che qualcuno – l’Europa – concede. E infatti il governo Conte sta proprio cercando di modificare un paradigma – tanto caro a Bruxelles – che ha lasciato negli ultimi anni più dubbi che certezze. Perché l’Italia dell’austerità ha prodotto nuovi squilibri a fronte di una crescita tanto timida da non riuscire ad accontentare soprattutto chi ne aveva maggiore necessità. Insomma, non è un caso se nel periodo recente il nostro sia stato tra i pochi paesi europei ad avere visto aumentare il numero di persone a rischio povertà. Abbiamo assistito all’erosione del ceto medio, ad un impoverimento diffuso, al lavoro che è sempre più precario, ad un aumento del Pil troppo contenuto per credere che il peggio sia alle spalle e ci si stupisce ancora per il crescente euroscetticismo dinanzi a margini di manovra così stretti. Proprio l’andamento dei consumi è sintomatico di una situazione che si fatica a definire semplicemente “accettabile”. I dati Istat sul commercio al dettaglio hanno fin qui mostrato un trend altalenante. La risalita, che pure è stata osservata in questi anni, non si è mai tradotta in una ripresa vera e propria. Per essere più precisi: siamo ancora lontani dal recupero dei livelli pre-crisi. È stato un 2018 abbastanza “povero” per gli esercizi commerciali, soprattutto i piccoli negozi che nella prima parte dell’anno hanno registrato una flessione. Tra le famiglie, chi ha visto crescere il reddito disponibile ha preferito comunque risparmiare, segno di un’insicurezza generale che non invoglia a spendere più di tanto. Bastano questi pochi elementi per comprendere perché è indispensabile, oggi come non mai, un’inversione di rotta. Se fino ad ora uno spazio per il dialogo è stato sempre negato è perché – al momento opportuno – ci si è voluti piegare alle volontà altrui (si scrive così, si legge Bruxelles) in nome della sola tenuta dei conti pubblici. Non possiamo correre il rischio di una nuova fase recessiva, serve un reale impulso alla crescita.