di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Mentre in via del Nazareno ci si affanna invano nel tentativo di individuare leader capaci di rianimare un Partito Democratico quanto mai sotto tono, le pressoché uniche voci che si levano contro le politiche del governo Lega e 5 Stelle giungono dagli scranni istituzionali ancora occupati da esponenti di una sinistra ormai in via d’estinzione. Per farla breve, capo dell’opposizione non sembra essere lo sbiadito Martina, l’evanescente Orfini o l’ormai sorpassato Renzi, quanto piuttosto il nuovo Che Guevara della sinistra in salsa global e liberista, ovvero il Presidente Inps, Tito Boeri. Sappiamo tutto delle sue opinioni sui temi più disparati. Che si tratti di immigrazione, salario minimo, ruolo del sindacato, politiche sociali ed economiche, riforme del sistema pensionistico e del mercato del lavoro, ecco che Boeri interviene a dire la sua, tacciando chiunque non condivida le sue visioni di “populismo” se non di “negazionismo”. Lo spauracchio dell’etichetta di “populista” non basta più a zittire gli avversari, gialli o verdi che siano, che non solo hanno conquistato Palazzo Chigi, ma che, a dispetto delle continue dietrologie zeppe di fosche previsioni – o forse sarebbe meglio dire desideri – della stampa, sembrano in piena luna di miele fra loro e con l’elettorato. Ed ecco che arriva in soccorso un nuovo aggettivo: “negazionista”. Un termine con sinistri e non certo casuali rimandi, che nell’accezione “boeriana” sta a significare che le sue teorie sono non solo plausibili, ma addirittura indubitabili in quanto suffragate nientepopodimeno che dalla potenza della Scienza, nella fattispecie quella dei dati dell’Istituto che si trova, per volontà piddina, a presiedere. E chi non le condivide non combatte opinioni, ma fatti. Come se non conoscessimo tutti la filastrocca dei due polli: un conto sono i numeri, un altro le interpretazioni basate sugli stessi. In assenza di leader politici, alla sinistra non resta che affidarsi ai cosiddetti tecnici per tentare di rimanere aggrappata al potere in spregio alla volontà popolare. Ossia a quel sottobosco di professori, intellettuali, alti burocrati di area dem che ancora detengono importanti incarichi e che sembrano utilizzare tali scranni privilegiati, in modo decisamente poco imparziale, come avamposto per una vagheggiata riconquista del potere.

Quella gelida manina

L’ultima sortita del compagno Tito è la tabella inserita nottetempo nella relazione allegata Decreto Dignità, il primo provvedimento del Ministro Di Maio che contiene misure di correzione rispetto alle politiche ultra-liberiste portate avanti negli ultimi anni. La tabella, con la previsione della perdita di 8 mila posti di lavoro l’anno ipotizzata come effetto delle misure previste nel decreto, più che un dettagliato tecnico sembra un contraltare politico volto a sconfessare l’impostazione economica del nuovo Esecutivo.