di Caterina Mangia

Quaranta anni fa, il 9 maggio del 1978, il cadavere del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, veniva trovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa. Quell’auto, quell’immagine, quelle 55 giornate di rapimento, erano destinate a restare impresse indelebilmente nella coscienza e nell’immaginario degli italiani. Avrebbero cambiato il corso della storia.
Oggi l’omicidio di Moro, una delle pagine più buie e tragiche della vita democratica del nostro Paese, a cui non è stata ancora data una spiegazione esaustiva, è stato commemorato nel cuore di Roma, a via Caetani, dove quarant’anni fa è stato ritrovato il suo corpo: un luogo all’epoca più significativo che mai, a metà strada tra Piazza del Gesù, sede della Dc, e via delle Botteghe Oscure, sede iconica del Partito Comunista.
Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha deposto una corona sotto la lapide in bronzo che ricorda l’omicidio dello statista; alla celebrazione hanno preso parte anche  il Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni; i presidenti di Camera e Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico; il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti; la sindaca di Roma Virginia Raggi, e il prefetto della Capitale, Paola Basilone. Al fianco della corona del Presidente della Repubblica, altre due, deposte da una delegazione del Partito Democratico guidata dal segretario reggente Maurizio Martina e dall’associazione I Popolari e Fondazione EYU.
Mattarella ha diffuso una nota sulla ricorrenza: «Oggi, a quarant’anni da quella tragedia, e da tempo, sentiamo il  bisogno di liberare il pensiero e l’esperienza politica di Aldo Moro da quella prigione in cui gli aguzzini hanno spento la sua vita e pretendevano di rinchiuderne il ricordo».
Gentiloni ha ammesso che «la sua uccisione pesa sulla coscienza della Repubblica»: «La sua visione politica e culturale  – ha aggiunto  – ha segnato il nostro Novecento. La sua uccisione pesa sulla coscienza della Repubblica».
Per Alberti Casellati, «l’uccisione di Moro fu uno spartiacque tra un prima e un dopo». «Niente», ha aggiunto, «sarebbe stato più come prima». Roberto Fico ha ricordato che «sulla vicenda esiste una verità giudiziaria complessa che, come è stato riconosciuto da più parti, presenta molte zone d’ombra e uno sfondo fatto di responsabilità multiple, ancora oggi non del tutto chiarite». Dal Governatore della Lombardia, Attilio Fontana, una riflessione: «Rispettando la volontà popolare e ascoltando la voce dei cittadini non si correrà mai il rischio di lasciar germinare il seme dell’odio e dell’intolleranza». Il segretario reggente del Pd, Maurizio Martina, ha rivolto un ricordo «all’uomo e allo statista».
Sono molte le voci di apprezzamento che si sono levate nei confronti di un uomo politico il cui operato, all’epoca, mise in subbuglio sia l’Unione Sovietica che gli Usa: se fosse stato attuato, il compromesso storico avrebbe potuto mettere in crisi il complesso scacchiere di equilibri geopolitici su cui si basava l’epoca della Guerra Fredda.
Sono passati quaranta anni, ma resta ancora da accertare la verità su quanto accadde davvero, sui retroscena del rapimento di Moro da parte delle Br.
Intanto, l’Italia commemora insieme l’uomo politico e il padre, il marito, l’uomo, a cui è stato sottratto precocemente e violentemente il diritto di vivere.