di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale dell’Ugl

Mentre i partiti sono impantanati nell’ideazione delle possibili geometrie governative, più o meno corrispondenti alla volontà degli elettori, il Paese va avanti e non sempre le decisioni del Governo e delle Autorità che disciplinano e regolano il funzionamento della vita civile si mantengono sul piano dell’ordinaria amministrazione, compiendo, in alcuni casi, scelte profondamente politiche. È il caso, ad esempio, del regolamento varato ieri dalla Commissione di garanzia sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali. L’Autorità, presieduta da Giuseppe Santoro Passarelli, ha deliberato una norma, al momento provvisoria, che raddoppia l’intervallo di tempo richiesto per poter indire uno sciopero nel settore del trasporto pubblico locale, quindi autobus e metropolitane. La pausa richiesta fra la proclamazione di uno sciopero e l’altra, che era stata fissata a 10 giorni con l’ultimo regolamento risalente al 2002, viene quindi portata a 20 giorni. La disposizione entrerà in vigore tra poco più di una settimana, con la notifica alle parti sociali e, sebbene sia al momento solo provvisoria, ha di fatto bypassato l’accordo sul nuovo regolamento che era stato trovato fra sindacati ed associazioni datoriali del trasporto pubblico locale, che non prevedeva di ampliare la durata dell’intervallo fra uno sciopero e l’altro. Da parte sua Passarelli ha difeso la decisione dell’Autorità affermando che è stata presa al fine di tutelare il diritto dei cittadini alla libertà di circolazione e dicendo che “gli scioperi ripetuti colpiscono in modo più pesante i cittadini meno abbienti che non possono permettersi il taxi e aumentano a dismisura le difficoltà delle nostre città”. Ben si comprendono le difficoltà degli utenti, ma lo sciopero è, innanzitutto per i lavoratori, una scelta estrema e sofferta che corrisponde a condizioni di lavoro insoddisfacenti al punto tale da ritenere necessario un sacrificio anche economico al fine di poter esprimere con forza le proprie richieste alla controparte. L’impressione è che, più che dal desiderio di venire incontro alle necessità dei viaggiatori, queste scelte siano dettate dalla volontà di limitare – ulteriormente – il legittimo diritto di scioperare e anche l’altrettanto importante patrimonio democratico rappresentato dal pluralismo sindacale. Una decisione impositiva e quindi profondamente sbagliata sia nel metodo che nel merito, che cade, quasi per beffa, proprio a ridosso del 1° maggio.

Un pessimo segnale

Ben si comprendono le difficoltà degli utenti, ma lo sciopero è, innanzitutto per i lavoratori, una scelta estrema e sofferta che corrisponde a condizioni di lavoro insoddisfacenti al punto tale da ritenere necessario un sacrificio anche economico al fine di poter esprimere con forza le proprie richieste alla controparte. L’impressione è che queste scelte siano dettate dalla volontà di limitare – ulteriormente – il legittimo diritto di scioperare e anche l’altrettanto importante patrimonio democratico rappresentato dal pluralismo sindacale.