di Caterina Mangia

Un grande gioco d’azzardo, parabole fatte di impennate stellari e rovinose cadute.
E’un’enorme volatilità la principale caratteristica del Bitcoin, che può garantire nella stessa giornata facili guadagni, così come ingenti perdite: la criptovaluta è il “tappeto volante” di una nicchia finanziaria che sembra vivere di vita propria.
Nato da una visione, o “provocazione concettuale” del misterioso Satoshi Nakamoto, rimasto sotto pseudonimo, non è ancora chiaro se il Bitcoin sia un gioco per “ricchi” annoiati, il terreno vergine della finanza del futuro o una deriva rischiosa per giocatori d’azzardo spericolati.
Quel che è certo è che i meccanismi di trading della criptovaluta sfuggono alla “mano invisibile” che secondo il padre della scienza economica, Adam Smith, dovrebbe riportare ordine nella cieca giungla del libero mercato. Sono in molti a temerlo: prima o poi, la “bolla” esploderà, facendo vittime economiche. Il Bitcoin è infatti caratterizzato dalla mancanza di un ente centrale che ne regoli le dinamiche, e da un’architettura peer-to-peer che struttura una rete “scivolosa”, difficile da controllare da parte delle autorità.
E’ notizia di oggi che in Canada si possono comprare alcuni prodotti della Kentucky Fried Chicken in bitcoin; ieri in Spagna, a Tarragona, è stata acquistata la prima casa in valuta elettronica, per il prezzo di 40 bitcoin, ovvero 550mila euro; l’Università di Nicosia, a Cipro, accetta i pagamenti delle tasse in criptovaluta: l’avanzata regolare della moneta elettronica, il cui trading è sempre più attrattivo e che è sempre più frequentemente utilizzata come metodo di pagamento,  comincia a destare più di una preoccupazione sia tra gli economisti che tra le autorità statali e internazionali.
Il ministro della Giustizia della Corea del Sud, Park-Sang-Ki, ieri ha annunciato che il governo «sta preparando una legge per vietare in modo efficace tutte le transazioni in valuta virtuale»; la Cina si sta muovendo nella stessa direzione; la Francia ha posto al G20 la questione dell’assenza di regole, chiedendo provvedimenti a disciplina del mercato. Dal terzo uomo più ricco del mondo, il magnate finanziario Warren Buffet, è arrivata inoltre nei giorni scorsi una predizione: nel corso di un’intervista alla Cnbc ha dichiarato che si può dire «quasi certamente che le criptovalute faranno una brutta fine».
Spetta al futuro farci sapere se la profezia si avvererà o meno.