di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

La presunta necessità di riformare le leggi sulla cittadinanza per introdurre lo Ius Soli è un argomento utilizzato da una sinistra a corto di idee e priva di credibilità per tentare arroccare il dibattito politico su temi tanto ideologici quanto strumentali. In Italia, infatti, già oggi non esiste alcun tipo di discriminazione fra cittadini e non cittadini e tutti i residenti in Italia hanno pari diritti in ogni aspetto del vivere civile.  Tutte le forme di welfare e tutti i servizi garantiti dallo Stato sono rivolti indistintamente ai residenti, che siano o meno in possesso della cittadinanza, così come stabiliscono le leggi che disciplinano l’immigrazione. Oltre a ciò, se stabilmente residenti nel nostro Paese, si acquisisce la cittadinanza ed ai minori stranieri nati in Italia viene concessa al compimento del 18° anno di età, tramite le disposizioni della legge 91/1992 e del decreto legge 69/2013. In tempo, quindi, per esercitare il diritto di voto esattamente quando scatta per tutti, ossia al raggiungimento della maggiore età. In sintesi la riforma del diritto di cittadinanza potrebbe agevolmente essere catalogata come un “non problema”. Potrebbe, se ci trovassimo in una condizione differente rispetto a quella in cui purtroppo versa il Paese: uno stato di malessere profondo determinato dagli effetti perduranti della crisi economica che ha portato a rischio povertà un residente su tre, per una cifra vicina ai venti milioni di persone. Venti milioni tra italiani e stranieri residenti. Se gli stranieri residenti in Italia sono complessivamente 5 milioni se ne deduce chiaramente che – almeno – quindici milioni di italiani si trovano ad affrontare condizioni di disagio ed esclusione sociale. In questa drammatica situazione le nostre coste continuano ad essere terra d’approdo per migliaia di persone, che cercano da noi un benessere che purtroppo non siamo più in grado di garantire neanche a noi stessi. In un simile contesto pensare di estendere ulteriormente il bacino degli aventi diritto di cittadinanza è francamente irresponsabile. Solo per ragioni di buon senso e non volendo neanche affrontare tematiche relative alla necessità della difesa della nostra identità, all’integrazione culturale ed alla tutela della sicurezza pubblica, in un periodo di gravi tensioni internazionali. Sarebbe invece necessario un impegno concreto del Governo per ridurre le condizioni di difficoltà in cui si trova il Paese: una gestione finalmente condivisa e risolutiva dell’ondata migratoria volta ad impedire la tratta di esseri umani, una migliore difesa dei nostri interessi in sede europea ed internazionale, interventi concreti di politica industriale, infrastrutturale, occupazionale e sociale. Questo serve all’Italia, anche per riconquistare il valore stesso della cittadinanza, ora ridotta a simulacro svuotato di contenuti.