di Caterina Mangia

Italia, patria delle Belle Arti e della cultura: un cliché, quello sul nostro Paese, di cui parlare ormai al passato, dato che siamo gli ultimi nell’area Ocse per la spesa pubblica complessiva destinata all’istruzione nel 2014.
E’ lo stesso Istituto di Parigi a renderlo noto, aggiungendo un dettaglio allarmante: il calo degli investimenti, del 9 per cento rispetto al 2010, è “indice di un cambiamento nelle priorità delle autorità pubbliche piuttosto che di una contrazione generale di tutte le spese governative”.
Insomma, la spending review pare abbattersi più su campi evidentemente ritenuti inutili, come la formazione delle nuove generazioni, che su altri costi a carico delle casse statali. Rispetto alla media Ocse, che registra un 5,2 per cento, l’Italia ha speso un mero 4 per cento del proprio Pil per l’istruzione.
Una situazione che ben si riflette sul presente dei giovani, che registra altri numeri da record negativo: solo la Turchia fa peggio dell’Italia per quanto riguarda il numero di Neet, ovvero di giovani non occupati e non iscritti a percorsi di formazione. Il 26 per cento dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni, ovvero uno su quattro, fa parte di questa categoria: la media Ocse si attesta invece al 14 per cento. La situazione peggiora in Calabria, Sicilia e Campania: le prime due regioni registrano un picco del 38 per cento, l’ultima il 35, mentre i territori più virtuosi sono Veneto, Emilia Romagna, Bolzano e Trento.
Purtroppo non finisce qui: l’Italia, con un 18 per cento rispetto al 37 per cento della media Ocse, è penultima in Europa per numero di laureati: un dato su cui secondo l’Istituto incidono “prospettive insufficienti di lavoro e bassi ritorni finanziari in seguito al conseguimento di un titolo di studio terziario”, e il fatto che le prospettive occupazionali italiane sono superiori per i diplomati che per i laureati.
A fronte di ciò, su un dato la media italiana supera quella Ocse; si tratta  della partecipazione alla scuola dell’infanzia, che nel 2015 nel nostro Paese è stata “quasi universale”: “I tassi d’iscrizione sono del 92 per cento per i bambini di tre anni, del 94 per cento per i bambini di quattro anni e del 97 per cento per i bambini di cinque anni di età”.