di Claudia Tarantino

Ci risiamo. Il nostro Paese viene nuovamente ‘richiamato’ dall’Ue sul tema del sovraffollamento degli istituti di pena, molti dei quali – secondo il rapporto del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa – “operano ancora al di sopra della loro capacità”.
E come dargli torto, visto che il nostro Governo, rispondendo al ‘rimprovero’, ha praticamente ammesso che, al 26 marzo 2017, risultano 56.181 detenuti, contro i 54.072 rilevati nella prima metà del 2016.
Come se l’Italia non fosse già stata condannata dalla Corte di Strasburgo per la questione del sovraffollamento, arriva, dunque, dall’Ue un ulteriore monito affinché si rispettino gli standard fissati dal Ctp sullo spazio che ogni detenuto deve avere a sua disposizione in cella: 6 metri quadrati di spazio vitale, esclusi i sanitari, in cella singola, e 4 in una cella che occupa con altri.
Le autorità italiane, come troppo spesso accade, corrono ai ripari e rispondono che “stanno prendendo misure al riguardo”. Si parla, ad esempio, di permettere ai detenuti stranieri di scontare la pena nei loro paesi e di ricorrere con maggiore frequenza alle misure alternative alla detenzione.
Tuttavia, seppur apprezzabili, questi ‘sforzi’ sembrano essere ancora insufficienti a risolvere un problema determinato da numerosi fattori: tempi lunghi dei processi, condizioni igienico-sanitarie inadeguate, costruzioni spesso fatiscenti e strutturalmente inadeguate ad accogliere numeri così elevati di detenuti.
Senza contare il fatto che, come spesso denunciato dall’Ugl, il personale di Polizia Penitenziaria, sotto organico, fa un enorme sforzo per fronteggiare l’emergenza, con turni massacranti e riposi e ferie cancellati. Altro problema, quindi, da non sottovalutare, che va a sommarsi a quello del sovraffollamento e che porta a registrare, quasi quotidianamente, episodi di violenze e aggressioni ai danni degli agenti.
Sebbene in molte occasioni gli agenti siano comunque riusciti a sventare evasioni, come accaduto ieri a Trapani, o tentativi di suicidio, come qualche giorno fa a Velletri, dove un giovane che tentava di impiccarsi con un lenzuolo nella sua cella è stato salvato dall’intervento di un agente, non mancano però episodi che dimostrano tutta la ‘fragilità’ del nostro sistema carcerario.
Capita, poi, come a San Vittore, che siano gli stessi detenuti a protestare contro la condizione insostenibile del sovraffollamento, mettendo in atto un particolare sciopero: l’astensione dalle attività che fanno parte del loro ‘trattamento’, come le lezioni di teatro, di legalità, la partecipazione ai gruppi di autoaiuto.