Le elezioni politiche in Spagna sanciscono la fine del bipartisismo. Il Partido Popular del premier uscente Mariano Rajoy ha vinto le elezioni senza maggioranza, con il 29 per cento dei consensi – perdendo comunque 65 seggi rispetto a quattro anni fa – e il Psoe di Pedro Sanchez ha conquistato il 22 per cento. Il dato eclatante è la straordinaria ascesa del partito anti-casta Podemos, che, conquistando il 20 per cento dei consensi, irrompe in Parlamento con decine di deputati, vedendo il drastico ridimensionamento delle due principali fazioni partitiche post-franchiste e attestandosi come terza forza politica del Paese. Parallelamente, anche l’altro partito anti-casta, la formazione centrista Ciudadanos, ottiene il 14 per cento, confermando l’esigenza di rinnovamento del Paese. Il PP esce vincitore dal voto, ma non conquista i 176 seggi necessari per governare; uno scenario che apre problemi di governabilità e che ricorda quelli ben conosciuti dagli italiani: “sia benedetto l’Italicum perché darà un vincitore chiaro e una maggioranza in grado di governare”, ha commentato il premier Renzi. Sul quotidiano spagnolo El Pais, in un articolo dal titolo “C’è vita oltre il bipartitismo”, si legge, a commento del voto, che “per immutabile che sia sembrata la vita pubblica spagnola, ora ci sono due partiti emergenti, Podemos e Ciudadanos, che partendo da zero si sono convertiti in potenti minoranze Voto Spagnaparlamentari”. Stesso tema per un editoriale dal titolo “Cambiamento e stabilità”, in cui si legge che “la legislatura sarà incentrata su un Parlamento di minoranze, nel quale nessun partito avrà la forza sufficiente per agire”. “Il nuovo sistema uscito dalle urne – si legge sul Pais – non è il presupposto di una rivoluzione, prelude quantomeno a un cambiamento importante”. Per il quotidiano, il voto “riflette i desideri degli spagnoli, che chiedono negoziazioni e consenso, in buona parte stanchi degli scontri senza uscita derivanti da una situazione passata molto polarizzata”. Resta l’incognita su cosa avverrà e le possibilità sono molto numerose: un’alleanza con il Psoe in stile “Grosse Koalition”, un’unione con Ciudadanos, il ritorno anticipato alle urne? L’unico dato certo è che il Paese attraversa una fase di incertezza e di possibile turbolenza, che oggi non è piaciuta ai mercati finanziari: le borse europee sono in rialzo, con l’unica eccezione di Madrid. Esitanti le dichiarazioni post-voto di Rajoy: “cercherò di formare un governo stabile”, ha detto, aggiungendo che “inizia una tappa non facile”: “sarà necessario parlare molto e raggiungere accordi”. Per parte sua, il Psoe ha fatto sapere che non voterà l’investitura del premier uscente a capo del governo. “E’ l’ora degli statisti”, ha detto il leader dei post-indignados Podemos, Pablo Iglesias, precisando che bisogna aprire un “processo di transizione che porti a un compromesso storico nel nostro Paese”. Iglesias chiede una riforma della costituzione su 5 punti: legge elettorale proporzionale, ‘blindare’ i diritti sociali, garantire il ‘diritto di decidere’ e un referendum sulla indipendenza della Catalogna, l’indipendenza della giustizia, e la fine delle “porte giratorie” fra politica e grandi imprese.