Dopo il voto di ieri nel Regno Unito e in Olanda, oggi tocca a Irlanda e Repubblica Ceca. Domenica, come nella maggior parte dei Paesi dell’Unione si vota anche in Italia. Dal 1999 in tutti i Paesi dell’UE si eleggono i rappresentati al PE attraverso un sistema proporzionale, con l’eccezione di Malta e Irlanda (metodo del voto singolo trasferibile). La legge elettorale italiana per le europee risale al 1979 e si vota con un sistema proporzionale puro, la soglia di sbarramento per i partiti è fissata al 4%. Ogni elettore può scegliere fino a tre nomi di candidati presenti in una stessa lista ma rispettando la rappresentanza di genere, cioè non si possono votare tre uomini o tre donne, altrimenti vengono annullate la seconda e la terza. L’Italia è divisa in 5 circoscrizioni elettorali, ognuna delle quali elegge un numero di europarlamentari proporzionale al numero di abitanti di ogni circoscrizione. Prima dello spoglio si stabilisce una quota (Droop) che ogni candidato deve raggiungere per essere eletto e si calcola dividendo i voti validi per il numero dei seggi in palio più 1. I candidati che superano la quota con le prime preferenze vengono eletti. Il voto si esprime tracciando sulla scheda, con la matita copiativa, il segno X sul contrassegno corrispondente alla lista prescelta o nel rettangolo che lo contiene. Al di là delle aspettative, di chi crede cioè in un’affermazione forte dei sovranisti e di chi invece nella conferma del blocco politico che ha governato fino ad oggi, ovvero l’alleanza tra socialdemocratici e partito popolare, esistono delle incognite e, tra queste, la principale riguarda le alleanze tra partiti e movimenti per costituire i gruppi politici del nuovo PE. Un’incognita che peserà sulle nomine e le scelte strategiche che l’UE dovrà fare in futuro. Si attendono la creazione di un blocco dei sovranisti guidato dalla Lega, l’ipotetica spaccatura del Ppe, la formazione del polo liberal-centrista di Macron, la ricollocazione del M5s. Si tratta di scenari tutti possibili e soprattutto inediti. Ecco perché la campagna elettorale per le Europee 2019 è stata più di altre “infuocata”, con l’ingerenza nei vari dibattiti nazionali di chi si sarebbe dovuto astenere dal farlo, come gli attuali presidente e commissari europei. Importanti anche i riflessi che il voto europeo potrebbe avere sulla politica nazionale italiana, non tanto in termini di tenuta del Governo quanto di spinta verso scelte e decreti importanti oggi lasciati in stallo.