di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

“La speranza ha due bellissimi figli” diceva Sant’Agostino “lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle”. Ecco, riportando la questione ai giorni d’oggi, lo sdegno si è palesato il 4 marzo e ieri, invece, si è visto il coraggio. L’argomento, ormai è chiaro, è il Def, su cui verrà impostata la prossima manovra finanziaria, definito dagli stessi esponenti del Governo come coraggioso e giudicato invece troppo ardito dalle opposizioni. Certo, il coraggio presuppone l’assumersi dei rischi, ma spesso anche continuare a chinare la testa non garantisce il lieto fine. Sappiamo per certo che il rispetto dei dogmi ultraliberisti e dei diktat europei finora ha portato all’aumento della povertà, senza, peraltro, che il nostro debito pubblico smettesse di galoppare. Quello che invece ancora non sappiamo è cosa accadrà con politiche di segno opposto: sociali, espansive, audaci. Nelle intenzioni del Governo saranno la chiave di volta per un futuro migliore e ci auguriamo per il nostro popolo che sia così. Chi profetizzava che la montagna gialloblu avrebbe alla fine partorito il topolino è ora costretto a fare ammenda: tutte le misure più importanti che erano contenute nel “contratto di governo” sono infatti state messe nero su bianco. Dalla flat tax al reddito e pensione di cittadinanza, dal superamento della Legge Fornero con quota 100 al fondo per i truffati dalle banche, dal blocco dell’aumento dell’Iva alla pace fiscale. Il braccio di ferro, forse ingigantito dalla stampa, fra Salvini e Di Maio da un lato e Tria dall’altro, sul rapporto tra deficit e Pil, alla fine si è concluso con l’indicazione del 2,4% per i prossimi tre anni, liberando così risorse capaci di rendere possibile una svolta nelle politiche economiche e sociali. Ora c’è chi esulta e chi si cosparge il capo di cenere. Festeggiano i principali artefici della manovra, ovvero i due vicepremier, sorretti dall’appoggio di buona parte del popolo italiano. Tremano e tramano i soliti noti, sinteticamente rappresentati da Moscovici, che commentando il Def, pur lasciando spazio al dialogo in sede Ue, ha sentito l’esigenza di avvertire gli italiani sulle possibili conseguenze: “Ogni euro in più per il debito è un euro in meno per le autostrade, per la scuola, per la giustizia sociale”, dimostrando di aver già dimenticato, a poco più di un mese dal crollo del Morandi, quali siano gli effetti reali delle politiche di tagli e privatizzazioni tanto care a Bruxelles. Sdegno, coraggio e speranza. Nonostante la necessaria prudenza, la speranza è tornata e con essa l’auspicio che con un così significativo cambiamento di rotta si possa tornare a crescere, dimostrando anche agli investitori che politiche espansive ma rigorose possono gettare basi più solide per la ripresa e tutelando nello stesso tempo equità e giustizia sociale.