Il 23 ottobre 1915 moriva nella Trincea delle Frasche Filippo Corridoni, padre del sindacalismo nazionale da cui la Cisnal ha preso ispirazione. A 100 anni dalla sua scomparsa l’Ugl ha voluto ricordarlo in Friuli Venezia Giulia con un convegno organizzato a Trieste dal titolo “Noi guardiamo in alto, noi guardiamo a Filippo Corridoni’, con il contributo degli storici Mario Bozzi Sentieri e Andrea Butturini, e il segretario regionale del sindacato Matteo Cernigoi che ha moderato il dibattito.
Un evento proseguito poi il giorno successivo con una cerimonia di commemorazione che ha visto la partecipazione del segretario generale Ugl, Francesco Paolo Capone, proprio al cippo Corridoni nella Trincea delle Frasche.

Il segretario generale Ugl, Francesco Paolo Capone, insieme a una delegazione del sindacato al cippo Corridoni nella Trincea delle Frasche.

Il segretario generale Ugl, Francesco Paolo Capone, insieme a una delegazione del sindacato al cippo Corridoni nella Trincea delle Frasche.

Una storia quella di Filippo Corridoni che, purtroppo, è conosciuta a pochi. Un’esistenza, la sua, breve ma intensa, iniziata nel 1887 a Pausula, un paese in provincia di Macerata, che egli dedicò fin da giovanissimo all’impegno come sindacalista “rivoluzionario” tanto che per le sue idee, gli scioperi e le manifestazioni da lui organizzati, oltre che per i suoi articoli “scottanti” pubblicati su “La conquista” e “L’internazionale”, venne arrestato numerose volte. Corridoni, tra l’altro, era uno straordinario oratore che sapeva conquistare con le sue parole chiunque lo ascoltasse. Nel 1914, dopo aver fondato con altri compagni il Fascio rivoluzionario d’azione internazionalista, venne nuovamente rinchiuso nel carcere di San Vittore, dove scrisse un’opera significativa dal titolo ‘Sindacalismo e Repubblica’, nel quale è concentrato tutto il pensiero politico e sindacale del Corridoni.
Nella premessa al testo l’autore incitò i compagni ad ottenere a tutti i costi gli obiettivi che si erano prefissati; scriveva, infatti: “Non basta avere la meta, bisogna raggiungerla. Siamo noi sulla buona strada o stiamo sciupando le nostre fresche energie in viottoli senza uscite?”.
Filippo CorridoniUna volta liberato, seppur molto debole per la tisi che già da qualche anno avanzava inesorabile nel suo corpo, egli decise di partire come volontario sul fronte. Nell’ottobre 1915, pochi giorni prima di morire, Corridoni sembrava già prevedere quale sarebbe stata la sua fine: in una lettera ad Arturo Rossato, infatti, scrisse: “Morirò in una buca, contro una roccia, o nella corsa di un assalto, ma, se potrò, cadrò con la fronte verso il nemico come per andare più avanti ancora”.
Accade proprio così: il 23 ottobre 1915, alla Trincea delle Frasche, morì col viso rivolto verso gli austriaci e, come scrisse qualche anno dopo l’amico Amilcare De Ambris, il suo corpo “scomparve nella mischia senza essere più ritrovato, come nelle storie leggendarie degli eroi”.
“Non dobbiamo mai dimenticare – ha sottolineato Capone – la lunga storia da cui proveniamo, fatta del sacrificio di donne e di uomini, di quei valori che hanno reso grande questo sindacato. Dobbiamo tracciare un sentiero sul solco di una tradizione che non può e non deve essere cancellata e che ritrova in Filippo Corridoni la nostra ispirazione”.