di Cecilia Pocai

Aveva 91 anni, ma aveva deciso che “l’età davvero non conta”. Hugh Hefner, il fondatore di Playboy si è spento nella sua casa di Los Angeles, la ‘Playboy Mansion’ nei pressi di Beverly Hills, circondato dalla sua famiglia.
Lo ha reso noto la casa editrice, a cui fa capo un vero e proprio impero, popolato dalle ‘playmate’, le onnipresenti, sorridenti e bellissime conigliette nate dalla fantasia di Hefner per raggiungere quella di milioni di uomini in tutto il mondo. Nato a Chicago nel 1926, con la creazione della rivista nel 1953, Hefner costruì un marchio che ridefinì la cultura sessuale della seconda metà del ventesimo secolo. Scelse di sfidare il puritanesimo americano cavalcano l’onda della rivoluzione sessuale con donne graziose, sorridenti e, soprattutto, poco vestite. Eppure, spiegava, “quelli che definiscono Playboy un periodico sexy o un opuscolo di ragazze nude dimostrano solo di non averlo mai letto”. Tantissimi i messaggi di cordoglio, da Jenny McCarthy a Paris Hilton, da Kim Kardashian, al fondatore dei Kiss, Gene Simmons.

Playboy la rivista che sbeffeggiò l’America puritana

Non erano semplicemente nudi, era una nuova visione della donna, più libera e indipendente. Nella seconda metà del XX secolo le conigliette di Playboy non fanno solo sognare gli uomini di tutto il mondo, ma diventano promotrici di una nuova visione del sesso, una cultura della sessualità senza repressioni.
Non era solo una rivista, era il sogno di Hefner che lui fu in grado di trasformare in un marchio da milioni di dollari: dalle foto patinate ai gadget, dalla carta al video, e ancora gli show e i club privati. Un mondo, il suo mondo, che diventò anche l’emblema di uno stile di vita, l’ideale di tanti uomini: vestaglia di seta pipa e modelle, il tutto nella sua “Playboy Mansion”.
Criticata da alcuni, inizialmente anche dai movimenti femministi, e osannata da altri Playboy continuò a sfidare apertamente l’atteggiamento puritano dell’America nei confronti del sesso, con le sue prosperose conigliette e il ruolo di primo piano delle Playmate, via via impersonate negli anni anche da numerosissime star di Hollywood: la prima fu una giovane Marilyn Monroe, fotografata senza veli quando era ancora in cerca di fortuna, e ci furono anche Sophia Loren e Brigitte Bardot. Nelle nuove generazioni Scarlett Johansson e Angelina Jolie.
Ma alla formula vincente della rivista, ovvero il servizio fotografico a colori sulla playmate del mese, presto si aggiunsero anche grandi firme della letteratura e del giornalismo, come Saul Bellow, Woody Allen, PG Wodehouse, Roald Dahl, Norman Mailer e John Updike. Si perché per Hefner, Playboy non era solo sinonimo di belle ragazze. “Coloro che acquistano Playboy solo per le donne – aveva detto – ricevono ben poco in cambio del loro denaro. I miei lettori, io credo, hanno anche altri interessi: le automobili, la musica, i bei vestiti, la buona cucina, la letteratura, le idee. Quello che io cerco di fare ogni mese è un giornale che dia un quadro completo e il più possibile esatto del raggio d’azione e d’interessi dell’uomo tra i venti e i quaranta. Pubblicare un giornale per questo tipo di lettore senza riconoscere l’importanza delle belle ragazze sarebbe un’idiozia”.