di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL

Spesso il nostro sindacato ha ricordato l’importanza del welfare aziendale, specie in un contesto di bassa crescita dei salari, perché, pur non sostituendo la necessità impellente di aumentare il reddito dei lavoratori, fornisce benefici aggiuntivi che migliorano il tenore e la qualità della vita dei dipendenti. Si pensi alla sanità ed alla previdenza integrativa, agli aiuti nei confronti delle famiglie dei lavoratori, ad esempio tramite assistenza all’infanzia, bonus per istruzione e sport per i figli, poi i rimborsi delle spese per trasporti e alimentazione dei dipendenti, fino alle formule organizzative per una migliore conciliazione vita-lavoro. Una metodologia di gestione delle aziende che offre benefici non solo ai lavoratori, ma anche alle imprese stesse, creando un ambiente di lavoro più soddisfacente, quindi più produttivo, migliori relazioni industriali e vantaggi reputazionali. Se il grande scoglio ad una maggiore diffusione del welfare aziendale in Italia è da sempre rappresentato dalle piccole e piccolissime dimensioni di molte imprese nel nostro Paese, che quindi fanno maggiore fatica nel predisporre questo tipo di strumenti, il rapporto di Generali Italia, dal titolo «Welfare Index Pmi 2024», presentato ieri a Roma, ha verificato come, invece, questa pratica stia diventando sempre più diffusa tra le piccole e medie imprese italiane: il 75% delle Pmi con più di 6 dipendenti ha, infatti, attuato un livello almeno medio di welfare aziendale, con un significativo aumento delle imprese che in quest’ambito hanno raggiunto livelli alti, dal 10,3% del 2016 al 33,3% del 2023. Solo un quarto del totale delle Pmi, il 25,5%, si ferma alle misure basilari di welfare previste dai contratti collettivi. La maggior parte delle pratiche messe in atto dalle imprese, il 56,4%, risulta essere relativa alla conciliazione vita-lavoro, ma sono diffuse anche attività su salute, previdenza, protezione dei diritti ed inclusione sociale, mentre crescono le iniziative a sostegno delle famiglie per cultura e educazione dei figli, con il 10% delle aziende attive in quest’ambito. La ricerca di Generali ha individuato, poi, una correlazione positiva tra welfare aziendale e risultati d’impresa: dove ci sono iniziative in favore dei propri dipendenti c’è una maggiore crescita del fatturato, una minore percentuale di indebitamento ed una più alta competitività internazionale. Tutto questo conferma la necessità, come spesso ricorda l’Ugl, di un nuovo patto fra capitale e lavoro, un’alleanza per «fare squadra», in una visione capace di comprendere che benessere dei dipendenti da un lato e produttività dall’altro non sono elementi contrapposti, tutt’altro: rappresentano le due facce di una stessa medaglia, per uno sviluppo sostenibile che, specie sul lungo termine, è necessario all’intero sistema produttivo e sociale.