Braccio di ferro nella maggioranza sul dl Aiuti. Il tempo stringe: il decreto scade il 16 luglio e bisogna evitare che le risorse stanziate a sostegno di famiglie e imprese non vadano a buon fine

Incagliato in un braccio di ferro voluto da una parte della maggioranza, questa la situazione del decreto Aiuti: oggi i lavori dell’aula della Camera sul decreto, previsti inizialmente per le 12.00, sono slittati alle 18.30. La maggioranza ha messo in votazione la sospensione dell’esame del testo con un largo consenso. Spiegazione ufficiale: il mancato arrivo dei pareri del governo sugli emendamenti.
In realtà i problemi sarebbero altri, a cominciare dal fatto il M5S non vuole la fiducia sull’intero provvedimento e chiede che sia lasciata ai deputati la libertà di coscienza su Superbonus e Termovalorizzatore di Roma. Ci sono, però, anche le norme sugli affitti a Venezia, insieme ad altre aggiunte al testo durante l’esame in commissione alla Camera, a frenare il varo di un decreto da molti atteso, stante una crisi economica ulteriormente aggravatasi. Quanto al testo, si sa, più il tempo passa più le trame si ingarbugliano. Se il viceministro all’Economia, Laura Castelli, ha detto, parlando con l’Ansa, che «per il Mef non ci sono profili economici che necessitano di intervento, del ritorno in commissione», la richiesta di rinvio, presentata dalla deputata (M5S) Elisa Tripodi, è stata motivata proprio in considerazione del fatto che «non sono arrivati i pareri del Mef sugli emendamenti». Lo psicodramma pubblico, visto che è stato riportato quasi nei minimi dettagli dalle agenzie di stampa, si è aggiornato con il venir meno dell’ipotesi fiducia sul testo o, almeno, non su tutto il dl Aiuti, e, allo stesso tempo, del ritorno in commissione. Questo, «secondo quanto si apprende da fonti di maggioranza», uno degli orientamenti emersi dal vertice di Governo a Montecitorio, che si è ulteriormente aggiornato, attraverso spiegazioni da fonti governative: niente fiducia, purché la maggioranza dia garanzie sull’approvazione definitiva del provvedimento, quindi con anche l’ok del Senato entro il 15 luglio, poiché il decreto scade il 16, rischiando che le risorse a sostegno di famiglie e imprese vadano perse.
Peccato che, al termine della riunione con i senatori della Lega, il leader della Lega, Matteo Salvini, a chi gli chiedeva cosa pensasse in merito alla “questione fiducia” abbia risposto: «Sto andando apposta alla Camera a parlare col capogruppo». Come a far intendere che, secondo quanto emerso dalla tra i senatori leghisti, Draghi si deve far carico di tutta la maggioranza, cioè non può fare sconti alle altre forze politiche e far pagare un prezzo pieno alla Lega. Quindi, alla ripresa dei lavori dell’aula della Camera, è ritornato in campo il voto di fiducia, per evitare il rischio che, senza di esso, possano saltare le modifiche al Reddito di cittadinanza, concedendo al M5s che le sue richieste su superbonus e price cap del gas saranno accolte come odg. Al prossimo aggiornamento.