Alla fine, i falchi ce l’hanno fatta, hanno preso il sopravvento, proprio mentre la pandemia, pur depotenziata, è ancora in corso, mentre in Ucraina esiste un conflitto e mentre gli effetti del conflitto stesso sono ovunque. Si avvertono sui mercati e nelle fabbriche, sul potere di acquisto degli stipendi italiani già ben al di sotto della media europea, su prezzi dei beni di prima necessità, a partire da quelli energetici fino ad arrivare a quelli alimentari, sulle prospettive di crescita sempre più deboli di un Paese, come il nostro, che, in base ai dati Eurostat, è terzultimo nell’Eurozona per crescita del Pil (0,1%) da gennaio a marzo 2022 (con occupati fermi al palo 0%). Ma, c’è da dire anche, che peggio di noi hanno fatto la Francia, in terreno negativo a -0,2%, e i Paesi Bassi, con lo 0%. Germania e Spagna meglio ma con, rispettivamente, +0,2% e +0,3%. Nonostante ciò, la Bce interrompe, dopo 11 anni, la strategia del “whatever it takes” dell’ex presidente Mario Draghi e assume le sembianze del falco, dando una sterzata alla politica monetaria europea che, a partire dal mese di luglio e poi a settembre, prevede il rialzo dei tassi di interesse, cioè la fine del Quantitative Easing.
Con quali conseguenze? Immediatamente, subito dopo l’annuncio della Bce, si è scatenata una tempesta sui mercati finanziari per il rischio di un’imminente recessione, anche perché altre strette ai tassi di interesse sono attese dalla Banca centrale americana (Fed). In Italia, il divario tra Btp e Bund, cioè il famigerato spread, che gravi crisi politiche ha determinato, ha iniziato a crescere arrivando fino a 246 punti base. Proprio mentre a Palazzo Chigi siede l’ex presidente della Bce, Mario Draghi. Mutui (soprattutto a tasso variabile e anche quelli a tasso fisso se non già contrattati) e finanziamenti diventeranno più cari. Ulteriori ridimensionamenti si prevedono per il potere d’acquisto di stupendi e pensioni e anche nelle politiche dei Governi più in difficoltà in termini di debito.
Gli esperti si dividono: c’è chi sostiene che il nuovo corso della Bce è uno schiaffo all’Italia, quindi a Mario Draghi, e chi, invece, che la Bce non ha guardato affatto all’Italia, ma all’inflazione, contro ha come arma soltanto il rialzo dei tassi di interesse. Quale che sia la verità, tutti sono d’accordo su un punto e cioè che la stretta potrebbe innescare effetti recessivi, fino a sfociare in tensioni sociali e politiche. In attesa del cosiddetto «scudo» contro la crescita dello spread per i Paesi più fragili, che la Bce ha soltanto “immaginato” (effetto annuncio su effetto annuncio) al fine di arginare le turbolenze dei mercati, tra falchi e Draghi ci sono gli italiani e gli europei “fragili”, che altra speranza non hanno se non quella di crescere e della riuscita del Pnrr. Che, detta così, somiglia molto a un’altra stretta.

di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL