di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL

Il Movimento Cinque Stelle, a un anno esatto dall’improrogabile scioglimento delle Camere, che ci porterà – finalmente – a nuove elezioni e farà calare il sipario sulla legislatura “più pazza del mondo”, caratterizzata da cambi tanto repentini quanto imprevisti di governi, alleanze e proposte politiche, emergenze a non finire e adesso da un Esecutivo di tutti e di nessuno, resta ancora un partito alla ricerca di un’identità politica chiara da proporre agli elettori. Sulla carta, fino a marzo 2023, primo partito, ma in caduta libera di consensi e con anche la spada di Damocle del taglio dei parlamentari e quindi ancora meno probabilità per deputati e senatori grillini di essere rieletti. L‘ex premier Conte, nella sua parabola da apartitico avvocato del popolo a leader politico di un M5s scopertosi di sinistra, è stato riconfermato nella sua veste di capo del Movimento, con una votazione online su un candidato unico, ottenendo sì un risultato plebiscitario, il 94% dei consensi, ma solo fra i pochi partecipanti alle consultazioni, 59mila su 130mila aventi diritto, meno della metà, e con l’ombra dei ricorsi dei dissidenti interni o ormai esterni al partito. In questo frangente, di ricerca di nuovi equilibri interni al M5s, si colloca il braccio di ferro tra lo stesso Conte ed il Presidente del Consiglio Draghi in merito all’innalzamento al 2% del Pil delle spese militari. L’impressione è che, con un Dl Ucraina che dovrebbe passare senza problemi col voto di fiducia con anche i sì grillini, gli impegni già presi con la Nato e le rassicurazioni dello stesso Conte sulla tenuta del governo, lo scontro col premier sia dettato più che altro dalla necessità di riacquistare un’identità agli occhi degli elettori. Il M5s ci ha abituato ad oltre due anni di appiattimento quasi totale sulle posizioni del Pd, specie durante il periodo della pandemia, di fronte a scelte politiche criticate da una parte non irrilevante del proprio elettorato, come il green pass e non solo. Ed ora improvvisamente cerca di mostrare un volto contestatario riscoprendo gli atteggiamenti pacifisti e, fra le righe, anti-Nato del vecchio Movimento, alla Di Battista, ma più enunciati che effettivamente sentiti e quindi insufficienti ad arrivare ad una concreta rottura degli equilibri che tengono in piedi il governo di unità nazionale. Non abbastanza governisti, alla fine, da impersonare fino in fondo il ruolo dei moderati, già interpretato da altri, ma nemmeno più forza di rottura, come furono all’inizio del loro percorso politico. Conte e i suoi, anche dopo la riconferma del loro leader, restano a metà del guado, privi di una chiara identità.

L’Ugl ricevuta dal Papa nell’udienza del mercoledì

Oggi una delegazione dell’Ugl ha partecipato all’udienza di Papa Francesco, un’occasione importante per la nostra comunità sindacale, che è stata ricevuta dal Santo Padre nel corso di un incontro incentrato sul tema del rispetto fra le generazioni, possibile solo laddove i più anziani non perdano la dimensione spirituale evitando quell’individualismo che non permette loro di lasciare ai più giovani il testimone e quando, d’altra parte, i ragazzi siano disposti all’ascolto ed al rispetto dei più maturi. Un’esperienza forte, capace di fornire all’Ugl e a tutti i sindacalisti che hanno preso parte all’evento una nuova occasione di crescita.