Caro bollette: appello a Draghi per salvare il settore. Coldiretti-Ixè: quasi un agricoltore italiano su tre (30%) è oggi costretto a ridurre la produzione di cibo. Lumache davanti agli uffici dell’agenzia agricola della Sardegna

Agricoltori in piazza e lettera-appello al presidente del Consiglio, Mario Draghi, per chiedere interventi immediati contro speculazioni e rincari a sostegno dell’agroalimentare Made in Italy per difendere l’economia, il lavoro e il territorio. A scriverla il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, e il Segretario generale, Vincenzo Gesmundo, per la grande mobilitazione di oggi. Migliaia gli agricoltori, allevatori e pastori con trattori e animali al seguito che oggi hanno lasciato le campagne e invaso le città, da Nord a Sud del Paese, contro le speculazioni. I prezzi per le famiglie corrono, mentre i compensi di agricoltori e agli allevatori non riescono a coprire i costi di produzione. Una mobilitazione generale in moltissime città: da Milano a Firenze, da Piacenza a Cagliari, da Palermo a Cosenza, da Salerno fino a Roma, dove in Piazza Santi Apostoli c’era anche il presidente Prandini. Tutti a protestare contro i costi dell’energia aumentati dal 70 al 110% e agricoltori e allevatori costretti a vendere sottocosto. La stangata, è stato calcolato, è pari almeno a 37 milioni di euro in più al mese rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Basti pensare che, secondo un’analisi Ismea, il prezzo del latte è pagato agli allevatori molto al di sotto del costo medio di produzione, salito nelle stalle a 46 centesimi al litro, per i rincari dell’energia e dei mangimi. E così per pagare un caffè al bar gli allevatori italiani dovrebbero mungere tre litri di latte. Ma c’è anche di peggio: secondo l’indagine Coldiretti/Ixè con l’esplosione dei costi energetici quasi un agricoltore italiano su tre (30%) è oggi costretto a ridurre la produzione di cibo, mettendo a rischio le forniture alimentari e, con esse, «la sovranità alimentare del Paese». Perché, è la tesi di Coldiretti, il rischio è quello di aumentare ancora di più la nostra dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti agroalimentari. L’Italia è già obbligata ad importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta, ma anche il 16% del latte consumato, il 49% di carne bovina e il 38% di quella di maiale. Senza dimenticare il mais e la soia fondamentali per l’alimentazione degli animali e per le grandi produzioni di formaggi e salumi Dop, per le quali, con le produzioni nazionali, si riesce a coprire rispettivamente il 53% e il 73% (Centro Studi Divulga).