I numeri sembrerebbero smentire il luogo comune di uscite troppo anticipate

Il consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, all’interno del quale siedono i rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil e Ugl e delle associazioni datoriali, prova a smentire, numeri alla mano, alcuni luoghi comuni che, negli anni, si sono sedimentati sul versante delle pensioni, finendo così per riaprire indirettamente la polemica intorno ai provvedimenti presi con l’ultima legge di bilancio. Analizzando i dati relativi al periodo 2017-2021 emerge con evidenza un innalzamento dell’età dell’effettivo pensionamento, con le donne più penalizzate rispetto agli uomini, sia nel privato che nel pubblico impiego. Fra i dipendenti pubblici, infatti, l’età di uscita è vicina ai 65 anni per le donne, mentre nel settore privato si attesta a livelli più bassi. Il Civ dell’Inps lamenta, però, anche l’estrema frammentarietà del sistema, rilanciando in questo modo la necessità di una riforma complessiva per evitare l’attuale frammentazione degli strumenti a disposizione dei cittadini. Come noto, la legge di bilancio ha previsto il passaggio a Quota 102 da Quota 100, la proroga di Opzione donna e la proroga con allargamento della platea dei beneficiari ad oltre venti nuove categorie di lavoratori dell’Ape sociale. Nel complesso, però, si tratta di disposizioni che dovrebbero avere un impatto per molti versi ridotto rispetto alle aspettative, con l’Ape sociale riservata a poco più di 21mila unità in tutto.