Secondo il comitato promotore, è fondamentale superare ogni dubbio di trasparenza nella valutazione delle attività di un magistrato, per cui non il controllore non dovrebbe mai essere anche il controllato

Il terzo referendum sulla giustizia torna sul Consiglio superiore della Magistratura. Spetta infatti al Csm la valutazione della professionalità e della competenza dei magistrati, tenendo conto di valutazioni preventive effettuate dai Consigli giudiziari, composti anche questi da soli magistrati. La questione che si pone è quella della sovrapposizione fra controllore e controllato. Pur considerando l’elemento della indipendenza della Magistratura dal Parlamento e dal Governo, questa commistione di ruoli, anche nel recente presente, ha suscitato delle perplessità in larga parte dell’opinione pubblica. I referendari chiedono ai cittadini di sostenere la loro proposta che a valutare i magistrati siano pure i rappresentanti dell’Università e dell’Avvocatura nei Consigli giudiziari, i cosiddetti membri laici. Il quesito serve a superare l’attuale discrasia esistente. I Consigli giudiziari, infatti, sono organismi territoriali composti da magistrati e da componenti non togati, vale a dire avvocati e professori universitari nelle materie giuridiche, nella misura di un terzo del totale. Avvocati e professori universitari, però, non hanno nessuna competenza quando si tratta di valutare il comportamento di un magistrato, cosa che spetta soltanto ai componenti togati. Una situazione di fatto che, per i referendari, va addirittura oltre lo spirito stesso della Costituzione: l’articolo 104 che disciplina l’elezione del Csm non prevede infatti poteri diversi a seconda della componente laica o togata.