I morti positivi al Covid-19 sono stati 680, ma potrebbero essere molti di più

L’Istituto Superiore di Sanità ha diffuso un rapporto che cerca di fare chiarezza su un aspetto di cui si è parlato molto dall’inizio della pandemia da coronavirus: l’epidemia nelle residenze sanitarie assistenziali – abbreviato: RSA –, in Italia. L’analisi si basa sulle risposte ad un questionario di 29 domande inviato a 3.417 RSA italiane. Hanno risposto in 1.356, pari al 41,3% del totale. Cosa emerge dallo studio? A inizio febbraio, le RSA ospitavano 97.521 persone, con una media di 72 per ogni struttura. Dal 1° febbraio ai primi di maggio, sono morti 9.154 residenti, 680 dei quali sono risultati positivi al coronavirus mentre 3.092 presentavano sintomi simili a quelli dell’influenza.
È impossibile, quindi, escludere che anche loro potrebbero aver contratto il virus. Dal rapporto emerge che diversi fattori hanno contribuito alla diffusione del coronavirus: l’assenza di dispositivi di protezione individuali, fondamentali per evitare nuovi contagi tra gli altri residenti e il personale sanitario, l’impossibilità per alcune strutture di isolare i positivi e la difficoltà nel reperire i tamponi per individuare i casi. Oltre agli altri residenti, è stato esposto a rischio contagio anche il personale delle strutture: circa il 21% delle RSA ha dichiarato di aver registrato almeno un caso tra i propri dipendenti. Una percentuale che varia molto, a seconda dell’area geografica, fino a salire al 50% della Provincia autonoma di Bolzano, al 40% in Lombardia e al 25% in Piemonte.