Dal Covid-19 alla Siberia, costretti a fare i conti con l’ambiente. Giornata Mondiale dell’Ambiente, istituita nel 1972, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite

Oggi si celebra la Giornata Mondiale dell’Ambiente. Ricorrenza che assume un’importanza diversa e riceve un’attenzione maggiore da parte dell’opinione pubblica e di molti rappresentanti del mondo politico alla luce sia della lotta mondiale incessante al Coronavirus sia del disastro ambientale avvenuto nei giorni scorsi in Russia. «Le recenti drammatiche vicende che toccano tutto il nostro pianeta ci impongono di prendere atto del legame imprescindibile che esiste tra l’equilibrio della natura e la nostra sopravvivenza», ha detto oggi il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sottolineando «l’estremo bisogno della ricerca insieme a politiche lungimiranti per immaginare e rendere accessibile un futuro prossimo di prosperità sostenibile». Sostenibilità è dunque la parola chiave. Ma siamo pronti a questo salto culturale? Come se già non bastasse la lotta al Covid-19, il presidente della Russia, Vladimir Putin, ha appena dichiarato lo stato d’emergenza, mostrando tutta la sua rabbia perché i proprietari dell’impianto NTEK, sito sussidiario di Norilsk Nickel (Compagnia energetica Norilsk-Taymyr), primo produttore al mondo di nickel e palladio, avrebbero cercato di tenere nascosto il disastro ambientale, avvenuto lo scorso 29 maggio, in Siberia. Le autorità locali e il governatore di Krasnojarsk, Aleksandr Uss, ne sono infatti venuti a conoscenza solo attraverso i social. Secondo quanto riferito dalla responsabile dell’organo federale per la tutela dell’ambiente (Rosprirodnadzor), in seguito a un calo di pressione nella centrale termo-elettrica TEZ-3 presso Norilsk, 300 chilometri oltre il Circolo polare, 20mila tonnellate di combustibile diesel e lubrificanti sono fuoriuscite da una cisterna, delle quali 15mila tonnellate si sono riversate nei corsi d’acqua e 6.000 sono state assorbite dal terreno. Gigantesche chiazze rosse e viola, spesse 20 centrimetri – visibili dalle fotografie pubblicate sui social dai residenti – si stanno dirigendo verso il Mar di Kara, mettendo a rischio la rete dei fiumi siberiani. Il fatto ancora più grave è che all’origine dell’incidente si teme possa essere stato il permafrost, a rischio scioglimento per il riscaldamento climatico e che già tanti squilibri sta creando in Siberia. È per questo che avrebbero ceduto le fondamenta dell’impianto, enormi pilastri sostenuti dalla terra gelata e fino al 29 maggio indistruttibili. L’importanza della sostenibilità nell’inscindibile rapporto tra ambiente e economia è evidente: quei pilastri sui quali Norilsk è stata costruita, come tante altre località minerarie della zona, per reggere al disgelo hanno ceduto e adesso ci vorranno decenni per rimediare al disastro. Una storia che, qualora non insegnasse, si potrebbe anche ripetere.