Si fa sempre più lunga la black list delle vertenze che hanno travolto il territorio nazionale: sono circa 164, infatti, i tavoli di crisi aperti presso il ministero dello Sviluppo Economico e che riguardano tutti i settori legati ad un sistema economico sempre più fragile e frammentato.
Tra i settori messi a dura prova dalla recessione c’è sicuramente la chimica anche alla luce dei piani dell’Eni sul futuro di Versalis.6fdc5f6082b9d97cb516eb8fb6281cec46992c40
“L’Italia rischia un pesante arretramento per effetto delle decisioni che Eni sarebbe in procinto di prendere su Versalis. Una sua cessione – ha spiegato Luigi Ulgiati, segretario nazionale Ugl Chimici, a la Metasociale durante la manifestazione nazionale del 19 febbraio scorso a difesa della chimica italiana – a maggior ragione se a soggetti non qualificati, avrebbe un effetto deleterio su tutto il sistema della chimica italiana, con conseguenze gravi sotto il profilo occupazionale, sociale, economico”.
Il Goveno, dal canto suo, “non intende smantellare la chimica in Italia.
Pur nel rispetto dell’autonomia gestionale dell’Eni, seguiremo con attenzione gli sviluppi del piano affinché si realizzi un progetto solido che dia prospettive di crescita e occupazionali”, ha detto Federica Guidi, Ministro dello Sviluppo Economico.
La crisi, però, investe tutta la penisola, da Nord a Sud. Il maggior numero di imprese in difficoltà è presente in Lombardia (36), seguita da Lazio (30), Veneto (21) e Campania (20); i settori più colpiti, invece, sono l’industria pesante (27), i servizi (17) e l’Ict-Telecomunicazioni (14). E’ giusto, però, evidenziare che il Mezzogiorno conta meno tavoli al ministero proprio perché è vittima di una desertificazione industriale senza freno.
L’Ugl segue con attenzione gli sviluppi legati alle numerose vertenze (vedi Tabella Ministero Sviluppo Economico) che hanno paralizzato un intero Paese. Sono circa 70mila i lavoratori ‘prigionieri’ di questa crisi e sono 70mila, quindi, le famiglie che non hanno alcuna prospettiva: le aziende o chiudono o delocalizzano per trovare ‘fortuna’ altrove.

Ecco di seguito alcuni dei fronti più ‘caldi’ sul terreno industriale:

AGILE: nel 2010, quando è entrata in amministrazione straordinaria con la cassa-integrazione straordinaria per i circa 2.000 dipendenti si chiamava ancora Eutelia. Da allora la società con sedi in diverse Regioni ha cambiato nome, gli ex vertici sono finiti sotto processo anche per associazione a delinquere e il personale si è prima ridotto a 780 unità e poi finito nel vortice dei licenziamenti.
La vertenza Agile ex Eutelia non è una vertenza risolta e molti lavoratori, dopo la procedura di licenziamento collettivo del dicembre 2014, sono senza lavoro, con il rischio concreto di rimanere senza reddito e senza prospettive, quando gli ammortizzatori sociali finiranno. Per questo, anche in considerazione delle possibili soluzioni discusse al tavolo di crisi, alcune delle quali attivabili da subito, non si capisce l’atteggiamento del Mise.
ALCOA: la crisi si apre nel 2012 quando il colosso statunitense dell’alluminio decide lo stop della produzione a Portovesme, che occupava 450 persone. Chiusa la trattativa per la cessione a Klesch, ora si prosegue con Glencore, ma il futuro è ancora nebuloso.
DE TOMASO: la casa automobilistica torinese fallisce nel 2013, con 940 dipendenti in cassa integrazione. Anche qui ex manager, Gian Mario Rossignolo, a processo, con il marchio acquisito per poco più di un milione dalla cinese Ideal Time Vince (sede legale nelle Isole Vergini).
Ma resta ancora da capire cosa accadrà a centinaia di lavoratori del gruppo.
FINCANTIERI: agli stabilimenti di Palermo e Monfalcone lavorano circa 3.600 dipendenti. In quello siciliano più della metà sono in cassa integrazione a zero ore, mentre vengono gestiti 140 esuberi attraverso pensionamenti, part time e cig a rotazione.
HEWLETT PACKARD: avviato la cessione dello stabilimento di Pozzuoli nel luglio 2015, è in corso la trattativa con MaticMind per il passaggio dei 160 dipendenti occupati.
ILVA: a fine 2014 l’ingresso in amministrazione straordinaria, pochi giorni fa l’avvio della procedure di infrazione a livello europeo. Fra cordate presunte e offerte smentite il futuro degli stabilimenti di Taranto e Genova resta complesso.
LUCCHINI: la situazione si è sbrogliata nella primavera scorsa, con l’acquisizione del gruppo di Piombino da parte degli algerini di Cevital.
Ma 1.100 dipendenti sono in cassa integrazione a zero ore fino al novembre 2016.
MERCATONE UNO: entra nel concordato preventivo esattamente un anno fa e finisce in amministrazione straordinaria ad aprile. In ballo 34 sedi in tutta Italia con 1.360 dipendenti coinvolti.
PERUGINA: dopo le proteste dello scorso anno, sono ancora in corso le trattative per le modifiche al contratto, con un nuovo appuntamento con la Nestlé probabilmente a febbraio. La solidarietà è ancora in corso ma i sindacati temono un’ulteriore stretta su numeri o orari di lavoro.
SAECO: di fronte all’ingresso della fabbrica a Gaggio, in provincia di Bologna, 243 tazzine di caffè, quanti i dipendenti che rischiano di restare a casa sui 558 attuali, dopo il piano di tagli annunciato lo scorso novembre (Fonte Ansa).