Si è svolta presso l’ARAN la prosecuzione della trattativa per l’accordo sull’introduzione della fruizione dei beni culturali nei servizi minimi essenziali del comparto Ministeri ai sensi della legge 146/1990.
Durante tutte le fasi della trattativa, la UGL ha sempre manifestato la propria indisponibilità a trattare su una questione, tra l’altro imposta con metodi a dir poco ricattatori dalla parte pubblica, che porterà alla riduzione di un diritto fondamentale per i lavoratori e per tutti i sindacati: il diritto allo sciopero.
La disponibilità a trattare su di un argomento così delicato e carico del significato più profondo della parola diritto, ci potrà essere quando, finalmente, sarà chiara la volontà dell’esecutivo a considerare i beni culturali quello che effettivamente sono: un bene primario del nostro Paese.
Ovvero quando finalmente si parlerà di investimenti per la valorizzazione di questi beni.
Attraverso la loro conservazione, tanto per cominciare. È utile ricordare i disastri degli scavi di Pompei, causati dall’incuria e dalla indolenza di coloro che oggi pretendono a gran voce la riduzione dei diritti dei lavoratori, quale panacea per i mali che affliggono i beni culturali d’Italia.
Attraverso il personale impiegato in questo campo, aumentandone il numero perché oggi non bastante a coprire con il proprio servizio tutti i luoghi d’interesse sparsi per la Nazione, e specializzandolo attraverso la formazione. Così che si possa davvero garantire a tutti i cittadini del mondo che ci visitano ogni anno, la completa e soddisfacente fruizione di questa nostra peculiare ricchezza.
Quindi quando si parlerà di un serio piano industriale che coinvolga i nostri beni artistici e culturali nella produttività del nostro paese, allora si potrà considerare il personale impiegato per la fruizione del patrimonio artistico come essenziale. Indispensabile e al quale chiedere il sacrificio di rinunciare ad una parte dei propri diritti.
In questo caso, l’Unione Generale del Lavoro tradizionalmente legata al sindacalismo nazionale, perciò attenta al benessere dell’Italia, è disponibile ad affrontare qualsiasi discussione sull’innovazione del lavoro nei Beni Culturali.
Al contrario, se non vi sarà questo passaggio rivolto alla crescita di un settore ricco di prospettive anche economiche, allora il significato dell’accordo che si vuole raggiungere coinvolgendo tutte le Organizzazioni Sindacali in una riforma nei termini attuali non necessaria, è quello della manovrina macista, forzuta di quanti vogliono l’annullamento delle conquiste sociali degli ultimi cento anni. Cioè il raggiungimento dei livelli cinesi anche in Italia.

Alessandro Di Stefano