di Barbara Faccenda
La presentazione di una proposta seria, ai possessori di obbligazioni estere, da parte del presidente argentino Mauricio Macri, è un passo in più lungo la via che porta l’Argentina lontano da quella dozzina di anni in cui il paese del populismo di sinistra era nelle mani dell’ex presidente Cristina Fernandez de Kirchner, i suoi predecessori e l’ultimo marito, Nestor Kirchner. Gli sforzi di Macri verso i creditori rappresentanola demolizione di ogni forma del “kirchnerismo”, delle sue strutture economiche e politiche che il presidente argentino sta smantellando ad una velocità incredibile.
L’elezione di Macri nel 2015, ed ora è evidente,segue una tendenza globale di disaffezione che favorisce i candidati che provengono dall’esterno del così detto establishment politico. È il primo presidente argentino in un secolo che non appartiene a nessuno dei due partiti: Peronistas e Radicali. È riuscito ad unire tutti quelli che volevano un cambiamento dal “kirchnerismo”, a cominciare dal suo stesso partito di centro – destra Proposta repubblicana, ai social democratici dell’Unione radicale civica e i liberali della Coalizione civica. Relativamenteprincipiante della politica, è un uomo d’affari di grande esperienza che firmava accordi con il magnate americano Donald Trump quando aveva solo 24 anni. Nel 1991 fu rapito e tenuto in ostaggio per 12 giorni da una banda di poliziotti corrotti che chiedevano milioni per il riscatto. Quattro anni dopo diventava il presidente del Boca Juniors Football Club e presto utilizzò il suo successo lì come trampolino di lancio per la sua carriera politica.
Dal momento in cui ha vinto l’elezione, ha reso chiaro che avrebbe stabilito non solo un non ritorno alle politiche dei Kirchner, ma che avrebbe invertito il corso del paese bruscamente, anche se queste mosse portano con sé un alto costo politico. Le decisioni di Macri da allora ci confermano che non è un populista. Lui è un commerciante libero, che crede che le forze di mercato metteranno il paese sulla giusta via, anche se deve sopportare una considerevole quantità di dolore prima che i benefici siano tangibili. In questo processo, Macri affronta due grandi ostacoli. Innanzitutto, ha preso le redini del paese in un momento in cui l’economia globale sta affrontando quel tipo di vento contrario che sbatte più duramente sulle economie emergenti ricche di risorse. Il collasso dei prezzi dei prodotti sta ponendo un limite alla crescita, non solo abbassando i prezzi delle esportazioni dei prodotti argentini, ma anche creando una profonda recessione economica nel vicino Brasile, che è il partner commerciale principe per l’Argentina, relazione che si potrebbe semplificare così: quando il Brasile starnutisce, l’Argentina può prendere un raffreddore.
Il secondo ostacolo è la continua incombente presenza di Cristina Fernandez, i cui seguaci vogliono che ritorni al potere; l’astio per il rivale che lei stessa ammette di disprezzare è stato evidente il giorno dell’insediamento di Macri, quando si rifiutò di partecipare, rompendo finanche una tradizione del paese.
L’offerta di Macri ai creditori è carica di significato politico ed economico. Si è offerto di pagare 75 centesimi ogni dollaroaipossessori rimanenti del debito argentino che risale allo spettacolare default del paese nel 2001. La Fernandez etichettò i fondi di investimento che sostenevanoquel debito come “fondi avvoltoio” facendoli diventare un soggetto politico e aggiungendoli alla lunga lista di cattivi che accesero gli animi della sua base e fornirono giustificazione per i problemi del paese. Per Macri, negoziare rispettosamente con i così detti “avvoltoi”, che le masse hanno imparato ad odiare, contiene per sé un rischio politico; ma, se avrà successo, potrebbe permettere all’Argentina di ritornare nei mercati internazionali di credito.
Per quanto riguarda l’Italia si è arrivati recentemente ad un’intesa bilaterale per cui il governo di Buenos Aires ha accettato di pagare in contanti il valore nominale dell’obbligazione e il 50% degli interessi dal default a oggi. L’operazione ha un controvalore di 1,35 miliardi.(http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2016-02-02/tango-bond-l-argentina-pronta-rimborsare-150percento-225525.shtml?uuid=ACoq6QMC). L’accordo è soggetto all’approvazione da parte del Parlamento argentino, che avverrà presumibilmente i primi di marzo.
Questa non è la decisione più rischiosa che ha preso Macri. Alla fine di gennaio, il suo ministro dell’energia, Juan Aranguren, ha annunciato la fine dei sussidi sull’elettricità, che il governo afferma sono costati al paese più di 50 miliardi di dollari da quando i Kirchner sono saliti al potere. Aranguren ha dichiarato inoltre, che il cambiamento sarà ammorbidito dall’imposizione di una “tariffa sociale” sui consumatori più benestanti per mitigare il costo per le case dei poveri.Macri ha smantellato altre politiche controverse che ha ereditato dalla Kirchner, ad esempio ha tagliato le tasse sulle esportazioni dei prodotti agricoli.
Sul fronte della politica estera, Macri ha messo in chiaro ancora prima di entrare in carica che avrebbe sovvertito l’allineamento dell’Argentina con il Venezuela e l’Iran. Settimane prima di assumere il potere ha condannatoil governo in Venezuela, per le sue pratiche di incarcerare i dissidenti e di soffocare la libertà di parola. I precedenti legami “caldi” tra l’Argentina e l’Iran si stanno rapidamente raffreddando, soprattutto da quando il presidente argentino ha annunciato che cercherà di far cancellare dalla sua legislatura un accordo controverso tra i due paesi per indagare sul bombardamento del 1994 sulla comunità ebrea nel centro di Buenos Aires, un attacco che i procuratori argentini credono sia stato condotto dall’Iran ed Hezbollah.
Allo stesso tempo, Macri lavora per rafforzare le relazioni con gli Stati Uniti. Al Forum mondiale economico di Davos Macri, primo presidente argentino in più di una decade ad unirsi all’élite finanziaria globale, dice apertamente al vice presidente americano JoeBiden che vuole costruire una relazione pragmatica ed intelligente con Washington.
Macri si sta muovendo rapidamente perché sa che i risultati non arriveranno altrettanto velocemente. La storia argentinamostra che se le sue riforme non produrranno miglioramenti tangibili, potrebbe avere un forte disapprovazione populista.