Il 66 per cento delle aziende ispezionate da Inps, Inail e ministero del Lavoro è irregolare: due aziende su tre in Italia non sono a norma sotto il profilo contributivo e della sicurezza sul lavoro.
Questo il gravissimo dato emerso questa mattina dalla presentazione alle parti sociali del Rapporto annuale dell’attività di vigilanza 2015 e del documento di programmazione dell’attività di vigilanza del ministero del Lavoro per il 2016.
Un dato che rischia di perdersi tra i numerosi conteggi delle pagine di report fornite ai sindacati, ma che denota una situazione insostenibile.
I numeri si fanno ancora più allarmanti se si scorporano i dati Inps e Inail da quelli del ministero del Lavoro: su 39.548 aziende ispezionate dall’Istituto di previdenza, oltre 31mila – 31mila! – sono risultate irregolari; non sono meglio i dati Inail, che su 20.835 aziende ne registrano 18.207 non a norma; l’80,5 per cento delle aziende campione elude dunque le garanzie contributive, mentre l’87,4 per cento bypassa quelle, ancor più importanti, relative alla sicurezza sul lavoro.
Cifre incredibili, che disegnano uno scenario disastroso.
Altro dato quantomeno improbabile riguarda il lavoro nero in agricoltura, riscontrato soltanto nel 47 per cento dei casi: eppure, le morti per fatica dei lavoratori nei campi avvenute la scorsa estate denunciano da sole una situazione terribile.
Commentando il documento di programmazione dell’attività di vigilanza del ministero del Lavoro per il 2016 al termine dell’incontro di oggi, il segretario confederale dell’Ugl, Fiovo Bitti, ha sottolineato che “occorre prestare grande attenzione al contrasto al caporalato e all’utilizzo improprio di alcune forme contrattuali, ad iniziare dai voucher, anche attraverso un migliore e maggiore coordinamento sul territorio”.
“Il successo del nuovo Ispettorato del lavoro – ha aggiunto – dipende in larga parte dalla capacità di mettere in rete i diversi soggetti che si occupano di ispezioni e le stesse parti sociali che possono dare un contributo importante in termini di capacità progettuale e di iniziative concrete di diffusione di una cultura della legalità”.
Rispetto all’attività di vigilanza per il 2016, Bitti ha inoltre sottolineato la diversa impostazione del ministero del Lavoro e dell’Inps: “mentre il primo punta correttamente sulle ispezioni, indicando il numero minimo che si intende effettuare nell’anno in corso, l’Istituto presieduto da Boeri si concentra sul budget di evasione contributiva accertata – peraltro cosa diversa dall’effettivamente riscosso -, declinato a livello nazionale e territoriale”.
“La cosa è però paradossale – prosegue il sindacalista – , in quanto l’ispettore dell’Inps è quasi costretto ad individuare qualche carenza nell’azienda visitata, avendo come unico obiettivo quello di raggiungere un determinato obiettivo di bilancio e non quello piuttosto di tutelare il lavoratore e di permettere all’azienda di mettersi in regola. In altri termini, è il ruolo stesso dell’ispettore che rischia di essere snaturato; la sua azione è volta esclusivamente a fare cassa e non ad eliminare le irregolarità”.
“Paradosso per paradosso – conclude -, si può verificare il caso limite di un ispettore che raggiunge velocemente i propri obiettivi di bilancio, potendo così evitare di effettuare ulteriori visite nel restante periodo dell’anno con buona pace di tutti i discorsi di contrasto al sommerso, al fenomeno del caporalato o all’utilizzo improprio di alcuni strumenti contrattuali”.