Grazie Presidente, io leggerò una parte dell’intervento che poi consegnerò nella sua interezza agli uffici d’Aula perché il tempo che abbiamo a disposizione è poco e la manovra è una manovra importante che richiede sicuramente un intervento molto più lungo di quanto non sarò in grado di fare io in questi minuti che mi sono stati dati a disposizione. Per noi la legge di stabilità di Renzi, nel suo passaggio al Senato, e, più che mai, in quello alla Camera, ha mostrato il vero volto di questo Governo. Una manovra che risponde, secondo la nostra idea, esclusivamente ai desiderata del Presidente del Consiglio e della sua maggioranza, che non disegna, come invece avremmo voluto, una prospettiva di rilancio per il Paese e che lascerà purtroppo un conto salatissimo, destinato a gravare sull’Italia del futuro con una remissione totale ai nostri giovani. Quanto sta accadendo è l’esatta proiezione di quanto abbiamo vissuto un anno e mezzo fa, quando il Governo – lo ricordiamo tutti –, con il bonus degli 80 euro, ha sostanzialmente orientato gli elettori per le elezioni europee del 2014. Anche in questa occasione, il comportamento dell’Esecutivo purtroppo viene con- fermato: il tentativo è il medesimo, e le amministrative all’orizzonte purtroppo rappresentano un banco di prova per questo Governo non eletto dal popolo. Qui, vorrei fare un brevissimo passaggio anche rispetto ad alcune questioni che riguardano gli enti locali appena citate dal relatore Melilli che – guarda caso – corrispondono esclusivamente o a enti locali con una maggioranza simile o uguale a quella del Presidente del Consiglio del collegio in carica, oppure in città dove si va, di qui a breve, al voto, come Roma o Milano. Il giudizio a livello internazionale sulla manovra è inconfutabile, oggettivo e disinteressato: la legge di stabilità del Governo è un pasticcio in deficit che rischia di tramutarsi – come non soltanto noi diciamo – di qui a breve, in una procedura d’infrazione nei confronti del nostro Paese. Quando non si operano tagli al cattivo debito pubblico, alla spesa pubblica contaminata, quando non si interviene sulle partecipate, bensì si opta per caricare di tasse le nostre generazioni del futuro, investendole dell’ingrato compito di pagare i costi della riduzione fiscale di oggi, si sta sostanzialmente operando in deficit .Si stanno adottando misure – come abbiamo detto in questi giorni e in queste notti nella sala del Mappamondo – in vero stile prima Repubblica e devo dire che in questo il Governo è veramente un esperto. « Il Governo sottovaluta i rischi che derivano dalle variabili esogene internazionali, che potrebbero incidere sulla crescita dell’economia italiana». Questo non lo diciamo noi: sono parole pesanti che ha espresso l’Ufficio parlamentare di bilancio. Ci sono elementi che il Governo tende ad ignorare; ad esempio, come riscontrato anche dall’Unione europea, la ripresa avviata nel 2015 si rafforza nel 2016 solo grazie al basso costo del petrolio, che – come sappiamo – non durerà per sempre. Tutti i dossier hanno evidenziato la necessità per l’Italia di ridurre il debito pubblico, così come Bruxelles si è espressa negativamente sui conti italiani. Non da meno è stata la Corte dei Conti, secondo la quale il Governo « utilizza al massimo gli spazi di flessibilità disponibili riducendo esplicitamente i margini di protezione dei conti pubblici e lascia sulla sfondo nodi irrisolti » (clausole di salva- guardia, contratti pubblici e pensioni) « e questioni importanti » (come, per esempio, il riassetto del sistema di finanziamento delle autonomie territoriali). Tagliare le tasse in deficit, con conseguente creazione di debito, non ha alcun effetto positivo sull’economia, perché gli operatori, vale a dire famiglie e imprese, non spendono e non investono. Per uno Stato, l’unica giustificazione economica e morale per fare deficit ,e di conseguenza debito, sono gli investimenti. È quindi lecito indebitarsi, a condizione, però, che porti a qualcosa di cui potranno beneficiare le generazioni future. Qui, di tutto questo non c’è traccia. Non ci sono più asset , non ci sono più infrastrutture, non c’è più tecnologia, non ci sono più reti, più capitale umano, più sicurezza, più produttività, più competitività. C’è soltanto la vocazione a se stesso da parte del Presidente del Consiglio, che spoglia di poteri enti locali, Ministeri e, a Palazzo Chigi, deciderà tutto e il suo contrario. Ebbene, questa stabilità fa tutto il contrario di ciò che andava fatto: è una manovra in deficit, e non è accompagnata da alcun investimento serio – come abbiamo detto – per il futuro del Paese. Basare una legge di stabilità su ipotesi di crescita che non si realizzeranno e impostare sul deficit tutta la politica economica di un Paese come l’Italia è un’azione anche da irresponsabili, e va in direzione diametralmente opposta a quella che sarebbe opportuna nelle condizioni attuali. Tutto il centrodestra aveva approcciato i lavori in sede di Commissione bilancio, sia alla Camera che al Senato, in uno spirito di collaborazione sano e responsabile, ma la violenza del Governo ha reso il confronto politico sterile ed inutile. Le delegazioni di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega sono sempre state presenti e hanno partecipato attivamente a tutte le fasi dei lavori della Commissione, ma le mediazioni sono rimaste circoscritte esclusivamente all’interno della maggioranza, impegnata a premiare enti o strutture nell’orbita del Partito Democratico – ci veniva ricordata la Sicilia poco fa –, screditando e bocciando tutte le proposte delle opposizioni che qui ho l’onore di rappresentare. Eppure, i temi sui quali avevamo auspicato delle misure restano tuttora di primaria importanza rispetto ad altre tematiche premiate dal Governo. Tutte le proposte portate avanti dal centrodestra, come quella di introdurre il quoziente familiare, di portare le pensioni minime a 800 euro, di modificare veramente la « legge Fornero », di implementare i fondi da destinare al comparto della sicurezza e di rafforzare la no tax area per tutti e non soltanto per i pensionati hanno quindi trovato la strada sbarrata del Governo. Su questi temi, il Governo si è sostanzialmente mascherato, pensando di cavarsela con dei bonus oppure, come nel caso del Mezzogiorno, con lo stanziamento di fondi europei che erano già destinati al sud, andando semplicemente a ricollocarli con una destinazione d’uso diversa da quella per la quale erano stati stanziati. Nessun emendamento delle opposizioni che rappresento è stato infatti preso in considerazione. Mai vista una legge di stabilità con questa impronta, in cui il Ministro dell’economia comunica con la stampa piuttosto che venire a riferire in Parlamento in merito alla vicenda del « Salva banche », con questioni come- quella del sud e delle forze dell’ordine – clamorosamente sottovalutate dall’Esecutivo. Anche le spese in tema di sicurezza, su cui i gruppi di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia hanno presentato una serie di proposte assolutamente convergenti non sono state recepite dal Governo. Il bonus degli 80 euro alle Forze dell’ordine altro non è che la volontà del Governo, ancora una volta, di far fuori i corpi intermedi e non arrivare al contratto che invece aveva indicato la Corte costituzionale come elemento di primaria importanza. Lo stesso bonus di 500 euro ai neo- diciottenni non va nella direzione di dare veri sbocchi occupazionali ai giovani, non valorizza il merito e non garantisce i più meritevoli. Gli enti locali – lo abbiamo già detto – hanno visto premiati soltanto quelli che fanno riferimento in termini politici al Presidente del Consiglio. Le province, dopo la disastrosa «riforma Delrio», rimangono paralizzate. Ecco, noi crediamo che è veramente poco, troppo poco quello che questo Governo ha voluto portare all’attenzione del nostro Paese e consideriamo uno scandalo che abbia voluto introdurre il cosiddetto decreto « Salva banche » nella manovra finanziaria. Quindi, mi avvio veramente a concludere, dicendo che, ancora una volta, questa manovra è lo specchio di un Esecutivo inadeguato che non garantisce misure di contenimento del deficit ed è totalmente inadempiente nel tentativo di risanamento strutturale della finanza pubblica. Questo è il triste epilogo di chi fa del populismo la propria bandiera. Tutti contro la legge di stabilità.