Piovono condanne a Barletta: sono quindici i nomi finiti nel mirino della prima sezione penale del Tribunale di Trani in merito al crollo della palazzina che nel comune pugliese, cinque anni fa, costò la vita a Matilde Doronzo, Giovanna Sardaro, Antonella Zaza e Tina Cenci, inghiottite da una tempesta di polvere e macerie sul loro posto di lavoro, un piccolo opificio ubicato nel ventre di quella struttura di via Roma. Vittima del crollo anche una 14enne, figlia dei datori di lavoro delle quattro operaie.
Le pene inflitte sono comprese fra due e cinque anni e mezzo di reclusione. Degli imputati, quattordici erano accusati di disastro colposo, omicidio colposo e lesioni colpose plurimi, mentre la società proprietaria dell’area adiacente al palazzo crollato, la Giannini srl – quella in cui stava lavorando alla demolizione che, secondo l’accusa, provocò il crollo, era coinvolta, negli stessi reati, per responsabilità amministrative.

Solo due dei quindici imputati, i vigili urbani Giovanni Andriolo ed Alessandro Mancini, sono stati assolti, con l’equivalente della vecchia formula dell’insufficienza di prove, dai più gravi reati di crollo di costruzioni, omicidio colposo plurimo e lesioni personali, ma sono stati comunque ritenuti colpevoli e perciò condannati per altre contestazioni.
Le pene più alte sono state inflitte a Giovanni Paparella, il direttore dei lavori, condannato a cinque anni e sei mesi per i reati di omicidio colposo, crollo e lesioni colpose plurimi e ad altri sei mesi per aver violato norme antinfortunistiche, e a Pietro Ceci (cinque anni), incaricato per conto della Giannini srl, proprietaria del suolo in cui si stava lavorando, della progettazione e sicurezza, insieme con Vincenzo Zagaria, condannato a quattro anni e sei mesi.
Quattro anni e sette mesi sono stati comminati ad Andrea Chirulli e quattro anni e nove mesi ai suoi fratelli Giovanni e Salvatore. Si tratta di coloro che materialmente hanno effettuato i lavori. Quattro anni e nove mesi la condanna inflitta a Cosimo Giannini, della Giannini srl, proprietaria del cantiere, oltre alla contravvenzione di 35mila euro per lottizzazione abusiva. Tre anni e mezzo, infine, la pena per il maresciallo della polizia municipale Giovanni Andriolo, chiamato a intervenire poco prima del crollo. L’uomo è stato anche interdetto dai pubblici uffici per cinque anni. Stessa pena per l’ingegnere comunale Rosario Palmitessa e per il dirigente dell’Ufficio tecnico Francesco Gianferrini. Nei confronti della società è stata comminata anche una sanzione di 480mila euro per illecito amministrativo ed è stata disposta la confisca di parte del cantiere, a oggi ancora sotto sequestro. Il processo era iniziato il 4 luglio del 2013.

IL CROLLO

Era una mattina come tante quella del tre ottobre del 2011. All’improvviso, intorno alle 12.00, il cuore di Barletta è stato trafitto da una terribile notizia: una palazzina di due piani si era trasformata in una montagna di macerie e polvere che inghiottito la vita delle cinque donne presenti nel laboratorio di confezioni. La prima a essere estratta è stata proprio la più piccola, 14 anni appena, Maria. Secondo le prime ricostruzioni a provocare il crollo potrebbe essere stato un intervento di scavo compiuto al di sotto del piano stradale, al centro fra la palazzina messa in sicurezza e quella che è crollata.

IL PRECEDENTE A BARLETTA

Era il 16 settembre 1959. Molti anni prima della tragedia di via Roma, sempre lì, a Barletta, morirono cinquantotto persone. Siamo in via Canosa: quella strage, secondo quanto emerso dalle indagini, fu il frutto di un abuso edilizio. Un palazzo edificato un anno prima su un edificio preesistente. Furono costruiti venti appartamenti al posto di diciassette. Una lesione nel muro fu l’avvisaglia che i condomini non furono in grado di decifrare. Poi il cedimento improvviso, il boato, la tragedia.