La crescita rallenta, tanto che la previsione del Governo di raggiungere nel 2015 un aumento del Pil pari allo 0,9% sembra sempre più lontana.
L’Istat conferma il rallentamento dell’economia italiana, indicando un aumento dello 0,2% rispetto al trimestre precedente, quando si registrò un +0,3%, e un +0,8% nei confronti del terzo trimestre del 2014, inferiore alle stime.
Il terzo trimestre del 2015 ha avuto quattro giornate lavorative in più del trimestre precedente e una giornata lavorativa in più rispetto al terzo trimestre del 2014. La variazione acquisita per il 2015 è pari a +0,6%. L’obiettivo del governo, fissato nella nota di aggiornamento del Def, è di un Pil a +0,9% nel 2015.
“Noi abbiamo fatto lo 0,7 di crescita, poi visto che le cose andavano un pò meglio abbiamo fissato lo 0,9%. Secondo me- ha spiegato il premier Matteo Renzi, alla presentazione del libro di Vespa – chiudiamo allo 0,8 anche se il Mef sostiene che comunque sarà lo 0,9”.
Per il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, “i dati odierni dell’Istat relativi al Pil del terzo trimestre evidenziano una crescita dei consumi accanto a un calo di esportazioni e investimenti. A novembre l’indice della fiducia dei consumatori ha toccato il massimo storico. I dati sono stati raccolti prima degli avvenimenti di Parigi”. L’Italia, ha sottolineato il ministro, è “un Paese con enorme potenzialità che spesso non riesce a esprimere”.
Eppure, per il segretario generale dell’Ugl, Francesco Paolo Capone, è “quanto meno limitativo attribuire una crescita inferiore alle aspettative ai tragici eventi di Parigi e i dati Istat sul Pil lo dimostrano: la legge di Stabilità in via di approvazione è inadeguata, per ciò che in essa manca, ed è anche utopica perché, costruita in deficit, scommette su una crescita impossibile”.
Nel testo, secondo il sindacalista, “mancano risposte da quelle per il Sud fino ad arrivare ad una revisione del sistema previdenziale iniquo e dannoso lasciatoci in eredità dal governo Monti e dalla Fornero, che, come constatano oggi sia l’Istat sia l’Ocse, sta togliendo prospettive occupazionali ai giovani. Il governo Renzi continua in questo modo a non scegliere e a evitare una sana politica industriale, fatta di progetti e di investimenti”.
Oltre alle stime sul Pil, l’Istat diffonde poi quelli sul mondo del lavoro. Il tasso di disoccupazione ad ottobre 2015 si attesta all’11,5%, il minimo da quasi tre anni Su base annua l’occupazione cresce: +75mila persone (+0,3%), anche se, sempre a ottobre si registra un nuovo calo, il secondo consecutivo, degli occupati su base mensile, con una diminuzione di 39 mila unità rispetto a settembre (-0,2%). Il calo, spiega l’Istat, “è determinato dagli indipendenti”, tra cui rientrano i lavoratori autonomi.
Negli ultimi tre anni si è registrata inoltre una crescita degli occupati over 50 pari a +13,9%. Un dato su cui, secondo l’Istat, pesano l’invecchiamento della popolazione e gli interventi che hanno allungato l’età per andare in pensione. Inoltre, sale ad ottobre il tasso di disoccupazione giovanile tra i 15 e i 24 anni (39,8%): in aumento di 0,3 punti percentuali su base mensile, ma in calo di 1,2 punti su base trimestrale. La fascia più colpita, rivela l’Istat, è però quella che va da 34 a 49 anni: nell’ultimo triennio si è registrato un calo dell’occupazione del 4,4%, ovvero di 450mila unità.
Per il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, la riduzione dell’occupazione “indipendente”, a fronte della crescita di quella dipendente, può essere considerata “un effetto delle scelte compiute per rendere più conveniente il contratto a tempo indeterminato”, che “portano alla riduzione delle false partite Iva e delle collaborazioni a progetto”.
Al di là, però, del facile ottimismo sul tasso medio di disoccupazione ai minimi dal 2012, secondo il segretario confederale dell’Ugl, Fiovo Bitti, c’è un dato allarmante che “riguarda i più giovani e le persone fino ai 49 anni per i quali in Italia non esistono reali prospettive”.
Per il sindacalista “i dati rivelano che la creazione di nuovi posti di lavoro è un fenomeno presente negli ultimi tre anni tra gli over 50 (+900.000 occupati), come oggi conferma anche l’Ocse, mentre non abbiamo segnali simili tra i 15 e 24 anni. La fascia più colpita dalla disoccupazione rimane, però, quella tra i 34 a 49 anni, con un calo di occupati pari a 450mila unità nell’ultimo triennio. Tutto ciò senza dimenticare la crescita degli inattivi, in aumento su base annua dell’1,4%”.
L’introduzione del contratto a tutele crescenti, soltanto nominalmente a tempo indeterminato, secondo Bitti, “non ha assolutamente superato la grande questione della precarietà; anzi, il Jobs Act sta alimentando un lavoro senza tutele e senza qualità, con il demansionamento e i controlli a distanza. In assenza di una sana e seria politica industriale ciò che dobbiamo aspettarci è un esodo all’estero in massa delle nostre migliori speranze”.