E’ una storia che sembra ripetersi all’infinito quella di un’Italia divisa in due.
Questa volta è l’Istat a certificare il divario, sempre più drammatico, fra Sud e Nord.
Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica, nel 2014 il Pil nel Mezzogiorno è inferiore del 43,7%
Rispetto al Nord – Ovest. Un divario ancora più marcato rispetto al 2013 in cui si registrava un 43,2%. Nel Nord-est il Pil procapite si attesta a 31.400 euro nel Centro a 29.400.
Al Mezzogiorno, inoltre, si registra un calo del prodotto interno lordo, pari a -1,1% a fronte di una media nazionale del -0,4%, e una la flessione degli occupati (-0,9%), in aumento nel Centro Nord.  Anche i consumi si riducono solo al Sud, dove perdono lo 0,5%, mentre crescono dello 0,8% al Centro e al Nord Ovest e dello 0,6% nel Nord Est.
Stime queste che per il segretario generale dell’Ugl, Francesco Paolo Capone, mostrano chiaramente “il fallimento a cui le politiche di rigore dei governi tecnici e le inutili quanto dannose riforme del governo Renzi stanno portando l’Italia, tutte quante ispirate al ‘principio dei tagli’, compensato da sporadici e propagandistici bonus, al posto di una politica industriale di (veri) investimenti”.
Lo scarto in termini di Pil tra Sud e Nord Ovest, aggiunge ancora Capone, “è la rappresentazione plastica dell’abbandono in cui è stato lasciato metà del nostro territorio, al punto da renderlo, suo malgrado, zavorra per l’altra metà d’Italia”.
E mentre l’Italia fa i conti con un divario che ne rallenta la crescita in termini economici, un nuovo allarme arriva anche da Bruxelles: la Commissione europea, infatti, non vede le condizioni per una riduzione certa del debito pubblico. Il nostro Paese, dunque, continuerà a essere sorvegliato speciale.
Secondo quanto sostiene la Commissione europea nella Relazione sul meccanismo di allerta, l’analisi sugli squilibri macroeconomici reali o potenziali pubblicata nell’ambito del processo di sorveglianza macroeconomica dei Paesi, “la situazione economica e finanziaria dell’Italia è motivo di preoccupazione, in quanto il nostro Paese resta più esposto di altri a shock”.
In particolare, per l’esecutivo comunitario “la combinazione di elevato livello di debito pubblico e di una tendenza al calo del potenziale di crescita o competitività, è una fonte di preoccupazione in un certo numero di Paesi”. Nello specifico, “è il caso dei paesi di rilevanza sistemica come l’Italia o la Francia, ma anche di economie più piccole come il Belgio”, tutti Paesi dove “aumenta la probabilità di traiettorie instabili debito-PIL e vulnerabilità agli shock avversi”.
Nel rapporto, si rilevano “sviluppi piuttosto problematici del tasso generale di disoccupazione e degli indicatori sociali”, e si avverte che l’Italia dovrà essere monitorata in quanti “questi sviluppi possono diventare tendenze di lungo periodo”, e dunque problemi strutturali. Preoccupa anche la situazione relativa a quanti non hanno un lavoro e smettono di cercarlo perché “la rapidità di aggiustamento di questo tasso appare insufficiente in Italia”.
Crisi economicaPer l’Ugl servono dunque servono scelte coraggiose che, invece, questo Governo non sta facendo: “il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, – spiega Capone – ha perseverato, come i suoi predecessori, a tagliare diritti, stipendi, tutele e servizi, portando all’impoverimento progressivo di quel ceto medio che è il motore del mercato interno, e ha dimenticato inoltre di guardare al di là del suo giardino, ignorando la crisi dei mercati emergenti, lasciando diminuire l’export e rallentando una crescita comunque flebile, prodotto del vento favorevole che spira da Francoforte”.