Cacciadi Caterina Mangia

Confine turco-siriano, 9.24 del mattino. Un caccia Sukhoi 24 proveniente dalla Russia viene abbattuto da due F-16 di Ankara.
I due piloti si paracadutano prima dello schianto del velivolo. Uno si salva, l’altro muore.
Il resto della giornata è un crescendo di tensione tra Turchia e Russia: Ankara accusa il bombardiere di aver violato lo spazio aereo nazionale, ignorando i ripetuti avvertimenti che gli intimavano di allontanarsi; Vladimir Putin, furioso, lancia il suo j’accuse: si è trattato di “un crimine, una pugnalata alla schiena sferrata dai complici dei terroristi”. L’incidente, ha spiegato il presidente russo, avrà “serie ripercussioni”: “invece di stabilire un contatto immediato con la Russia”, la Turchia avrebbe infatti “fatto appello alla Nato come se fosse un loro aereo ad essere stato colpito da uno russo”. “Abbiamo sempre trattato la Turchia come non solo un vicino, ma come uno stato amico – ha aggiunto Putin – non so chi aveva bisogno di ciò che è successo, comunque non noi”. Il regime di Damasco, sulla stessa linea russa, definisce l’accaduto una “flagrante aggressione contro la sovranità siriana”, la prova che “il governo turco è dalla parte del terrorismo”.
Dal canto suo, il presidente turco Erdogan spiega che “l’abbattimento dell’aereo russo è avvenuto nel pieno rispetto delle regole di ingaggio: la Turchia non sopporta la violazione di propri confini”.
Lo sconfinamento dello spazio aereo da parte dei caccia russi viene confermata anche dalla Nato: in seguito al Consiglio atlantico convocato dopo l’accaduto, il segretario generale Jens Stoltenberg dichiara che “gli accertamenti di diversi alleati hanno confermato” la versione della Turchia, e invita alla de-escalation.
Anche l’Ue, preoccupata, getta acqua sul fuoco e invita le parti alla calma.
Per la prima volta dalla fine della Guerra Fredda, un membro della Nato ha abbattuto un aereo militare di Mosca: l’accaduto complicherà ulteriormente il quadro relativo alla già difficile questione siriana.