“L’Ugl conferma la sua posizione: una legge inutile per l’ occupazione e dannosa per i diritti del lavoro”

Con l’approvazione degli ultimi decreti attuativi del Jobs Act si è concluso l’iter di approvazione di una riforma delle leggi sul lavoro che, come l’Ugl aveva previsto, non sta dando l’impulso sperato all’occupazione, mentre ha peggiorato sensibilmente le condizioni di lavoro nel nostro Paese.

Il tasso di disoccupazione, rilevato dall’Istat, resta infatti al 12% con il picco del 42,2% per quanto riguarda i giovani, ossia proprio coloro che sono maggiormente coinvolti dalla riforma.

Senza rafforzare le condizioni per la ripresa economica – infrastrutture, fisco, energia, accesso al credito, tutela delle produzioni italiane nei mercati europei e mondiali, piani industriali – le aziende piccole e medie continueranno ad essere in difficoltà e le grandi seguiteranno ad investire altrove.

Non è sufficiente aumentare la flessibilità in uscita dal mondo del lavoro – in un Paese che già offriva alle imprese una vasta gamma di tipologie contrattuali adatte alle varie esigenze produttive – per convincere le aziende ad assumere di più.

Al contrario, se a ciò non si affianca in parallelo un sistema coordinato ed efficace di strumenti per l’impiego ed ammortizzatori sociali, si rischia solo di acuire la crisi, il crollo dei consumi e l’instabilità sociale.

L’Italia ha bisogno di progetti seri, di interventi concreti per la ripresa, non possiamo continuare a credere che siano sufficienti gli slogan. Da ormai diversi anni, gli unici interventi che i vari governi, sull’onda delle richieste europee, sono stati capaci di mettere in campo riguardano la riduzione dei diritti dei lavoratori e dei pensionati. Ma in questo modo, ed i dati e l’esperienza lo dimostrano ogni giorno, si rischia solo di sprofondare in una spirale recessiva.

In questo contesto, l’Ugl non intende tirarsi indietro, ma, al contrario, continuare la propria battaglia, proponendo strategie per una ripresa economica reale e socialmente sostenibile, sia a livello istituzionale che nelle sedi di contrattazione collettiva.