di Caterina Mangia

In Gran Bretagna non devono esistere cittadini di “seconda classe”.
Questa la posizione presa dal Parlamento europeo, che ha rigettato la proposta avanzata da Londra sullo status dei residenti europei in Uk, in quanto “ben lontana” dai diritti che invece andrebbero garantiti ai cittadini dell’Unione, definendola “una doccia fredda”.
In poche parole, non possono crearsi residenti di serie A e di serie B, perché va garantita “reciprocità e parità di trattamento” a tutti, come è scritto in una documento firmato dai leader dei quattro gruppi principali del Pe, Manfred Weber (Ppe), Gabi Zimmer (GUE), Gianni Pittella (S&D), Ska Keller (Verdi) e Guy Verhofstad (Alde), e dagli incaricati alla Brexit, Danuta Hubner, Roberto Gualtieri e Erman Brok.
Nella nota si sottolinea che l’offerta giunta da Londra alimenterebbe una “preoccupante e costante incertezza”, e si lamenta che, nonostante sia trascorso più di un anno dal voto che ha visto vincere i sì alla Brexit, la proposta giunta dalla Gran Bretagna lasci “parecchie domande senza risposta”.
“L’Unione europea – è scritto con nettezza nel testo degli europarlamentari – ha la comune missione di ampliare, rafforzare ed espandere i diritti, non di ridurli. Non avalleremo mai il ritiro retroattivo di diritti. Il Parlamento europeo si riserverà il diritto di respingere qualsiasi accordo che tratti i cittadini dell’Ue, indipendentemente dalla loro cittadinanza, in modo meno favorevole di quanto non lo siano attualmente. Per noi si tratta di una questione di diritti e valori fondamentali di base, che stanno al centro del progetto europeo”.
Una posizione sostenuta anche dal presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, il quale su Twitter ha definito la proposta “insufficiente”, aggiungendo che che “per l’Europarlamento è prioritario tutelare i diritti dei tre milioni di cittadini Ue” che risiedono in Uk e chiarendo che se l’offerta non cambierà “il Pe è pronto a votare contro”.
Da Strasburgo arriva anche un altro avvertimento: le trattative sulla Brexit non andranno oltre il termine stabilito per il 30 marzo, perché si creerebbe un paradosso, ovvero “lo svolgimento delle elezioni europee nel Regno Unito nel maggio 2019”, eventualità che i firmatari del documento definiscono “impensabile”.
Intanto, un premier sempre più indebolito tende la mano all’opposizione per collaborare alla Brexit: si deve “vincere la battaglia delle idee in Parlamento e nel Paese”, ha scritto Theresa May in un discorso che leggerà domani ai deputati e diffuso oggi da alcuni organi di stampa.