di Nazzareno Mollicone

Negli ultimi mesi, è emerso all’attenzione dell’opinione pubblica il caso degli italiani che percepiscono pensioni di medio importo – derivanti da decine di anni di contribuzioni e da qualifiche lavorative elevate – che si trasferiscono all’estero per godere di prelievi fiscali più bassi od addirittura esenti per un certo periodo di anni. E poiché in questi casi le pensioni sono accreditate dall’Inps al lordo, il beneficio che se ne ricava è notevole in quanto il prelievo fiscale su una pensione lorda di 2.000-2.500 euro (che, lo ripetiamo, è maturata per effetto di una lunga attività lavorativa e dei corrispondenti contributi) è attualmente del 25-30%. Il caso più clamoroso è quello del Portogallo che esonera del tutto per alcuni anni il prelievo fiscale, in cambio dell’obbligo di soggiornare solo 183 giorni all’anno con lo status di “residente non abituale: ma ve ne sono numerosi altri sia all’interno dell’Unione Europea che fuori. Il numero dei pensionati italiani che hanno scelto di recarsi all’estero è ormai ingente, e sfiora le 30.000 unità.
Ciò evidentemente crea un vuoto nelle casse del fisco: ed a questo proposito è bene ricordare che, al di là delle ripetute dichiarazioni allarmanti sull’eccessivo onere della previdenza per la finanza pubblica, il prelievo fiscale sulle pensioni corrisponde a ben 50 miliardi di euro l’anno, riducendo così l’onere di 104 miliardi dello Stato (peraltro dovuto per i costi dell’assistenza che sono a suo carico) a soli 54.
Dinanzi a questo esodo, Enrico Zanetti – deputato eletto nella lista “Scelta civica” di Mario Monti e già sottosegretario al ministero dell’economia e finanze – ha proposto un emendamento alla legge di stabilità finanziaria per tassare solo al 10% i redditi da pensione erogati ai cittadini stranieri che prenderanno la residenza nel nostro Paese. Ossia, s’intendono sostituire i pensionati italiani in fuga dalle tasse con quelli stranieri! Oppure, si potrebbe anche verificare il caso paradossale che un pensionato italiano, residente da anni all’estero, rientri in Patria per usufruire della tassazione più favorevole.
Questa proposta è, insieme, ridicola, contraddittoria e discriminatoria, perché imita iniziative di Paesi esteri da tempo esistenti; contraddittoria, perché ammette implicitamente che le tasse sulle pensioni si possono ridurre; discriminatoria, perché tratta in modo diverso i pensionati residenti in Italia.
Ma allora, non sarebbe più semplice – come l’Ugl ha da tempo proposto – ridurre le tasse ai pensionati? Il sistema per ridurle è semplice: si potrebbero applicare delle detrazioni dal reddito imponibile motivandole con le spese necessarie per la cosiddetta “terza età”. Spese che per un anziano sono certamente superiori a quelle di un suo pari reddito giovane ed in particolare: spese per la sanità come medicinali, analisi, cure termali, ricoveri etickets (da pagare perché non vi è l’esenzione per il reddito); spese per un’assistenza extrafamiliare; spese per la vita di relazione, indispensabile ad una certa età. Il meccanismo delle detrazioni dall’imposta attualmente esistente non risponde alle necessità in quanto non tutto è detraibile, e tutto deve essere accuratamente documentato.
Pensiamo che abbassare ad un’aliquota unica del 15% le imposte sulle pensioni fino ad un importo prefissato, corrispondente ad esempio al livello massimo retributivo di un “quadro” o di un “funzionario”, possa essere una soluzione equa.
Ma comunque un intervento va fatto, perché altrimenti continuerà l’esodo dei pensionati italiani verso Paesi più accoglienti, visto che le loro pensioni non solo continuano ad essere tassate in modo elevato ma non hanno più gli adeguamenti annuali che erano stati previsti dalla legge, confermati dalla Corte Costituzionale ed illegalmente annullati dai governi Monti e Renzi.