di A.D.
2016 in rosso per il Fondo di risoluzione per le banche: per l’operazione di cessione delle quattro banche fallite (Etruria, Marche, Carife e Carichieti), chiude con una perdita di 2,6 miliardi di euro per la svalutazione integrale delle quote per 1,4 miliardi e un esborso a titolo definitivo stimato tra 1 e 1,1 miliardi per la ricapitalizzazione degli enti ‘ponte’ e il rilascio di garanzie sui rischi.
E’ la Banca d’Italia a gestire il Fondo, che però è separato e alimentato dagli istituti di credito. Dunque, la tegola cade sull’intero sistema bancario: l’istituto di via Nazionale ha infatti chiesto, lo scorso 8 marzo, a tutte le banche il versamento di contributi aggiuntivi per coprire le perdite subite. Una richiesta prevista dalla direttiva sul bail in che prescrive “nel caso in cui la dotazione finanziaria disponibile del Fondo non sia sufficiente a sostenere nel tempo gli interventi di risoluzione effettuati, che le banche versino contributi addizionali al Fondo – si legge nel resoconto 2016 – nella misura determinata dalla Banca d’Italia ed entro il limite complessivo, inclusivo delle contribuzioni versate al Fondo di risoluzione unico. Per il solo 2016, si tratta di due ulteriori quote annuali” per un valore pari a circa 1.526 milioni di euro, che però, sulla base della Legge di Stabilità 2016, potranno essere spalmati in cinque anni.
Gli istituti falliti sono stati ceduti formalmente a 1 euro. Inoltre, per l’operazione con Ubi (cessione di Etruria, Carife e Chieti), il Fondo “effettuerà un aumento di capitale delle tre banche ponte, prima della cessione, per un importo massimo complessivo di 450 milioni di euro, di cui un ammontare fino a 100 milioni di euro sarà destinato alla copertura di parte degli oneri connessi con operazioni di spin-off immobiliare”. Previsto anche un meccanismo di partecipazione agli utili (profit sharing). Il Fondo assumerà l’onere, stimato in via provvisoria in circa 320-360 milioni, della cessione delle sofferenze ma sarà possibile recuperare 250 milioni di euro, seppur in maniera progressiva, dai benefici fiscali sulle imposte anticipate riferite agli esercizi fiscali fino al 2027. A carico del fondo anche garanzie su rischi legali e contenziosi con gli ex azionisti, ma lo stesso Fondo ritiene tali rischi “di fatto nullo” sulla base della  normativa vigente.