C.P.

I segnali di crescita ci sono, ma occorre accelerare per recuperare i valori pre-crisi. E’ la situazione delle piccole e medie imprese al Sud. Secondo il rapporto Pmi Mezzogiorno 2017, presentato oggi a Napoli e curato da Confindustria e Cerved con la collaborazione di Srm – Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, c’è un miglioramento della fiducia nelle prospettive dell’economia meridionale: 18mila nuove imprese sono nate al Sud solo nei primi 6 mesi dell’anno, anche se in gran parte con meno di 5mila euro di capitale versato. In sostanza, la voglia di ripartire a fare impresa c’è ma le nuove realtà non hanno dimensioni tali da sostituire la capacità produttiva andata distrutta con la crisi. Tra il 2014 e il 2015 cresce il fatturato del +3,9%, oltre la media nazionale. Aumenta dunque il valore aggiunto che supera per la prima volta i valori pre crisi (+4,9%); tornano a crescere gli investimenti (7,4%) e i margini operativi lordi ( + 5,7%) . Eppure, nonostante la ripresa, i margini lordi delle Pmi meridionali rimangono del 33% più bassi di quelli del 2007. Un gap che richiederà anni per essere colmato. In riduzione anche il numero di imprese che hanno avviato procedure di chiusura: nel 2015 quelle fallite sono state il 20,7% in meno rispetto all’anno precedente. In calo sensibile sono anche le chiusure volontarie , che si avvicinano ai livelli pre-crisi. A livello territoriale la ripresa interessa tutte le regioni, trainate dalla Basilicata e Campania, che presentano incrementi di fatturato superiori alla media del Mezzogiorno e a quella nazionale. Gli addetti occupati in tali imprese sono 637 mila (in aumento nel 2014 rispetto all’anno precedente, +0,8%), in maggioranza concentrati nelle imprese più piccole (il 58%) che sono anche quelle che producono la quota maggiore di fatturato (circa 69 miliardi su 124) e di valore aggiunto (15 miliardi su 28) e che fanno registrare la quota maggiore di debiti contratti (19,8 miliardi su 38,3). Tra il 2013 e il 2014, il totale dei debiti contratti dalle Pmi si è ridotto di oltre 8 punti percentuali (da circa 42 miliardi a 38 miliardi). Il tessuto imprenditoriale si caratterizza per una presenza più ampia, rispetto alla media nazionale, di aziende operanti nel settore dei servizi (56,4% contro 50,8%), delle costruzioni (16,6% con-tro 14,9%), dell’agricoltura (3,0% contro 1,7%) e dell’energia (3,9% contro 2,7%) e, al contrario, per una minore presenza di imprese industriali in senso stretto (20,1% contro 29,9% nella media italiana). Secondo Confindustria e Cerved nel 2017 e nel 2018 le prospettive delle imprese meridionali dovrebbero migliorare ancora, con fatturato e valore aggiunto che cresceranno a buoni ritmi e a tassi superiori rispetto a quelli del resto del Paese. Credito, investimenti, innovazione sono le tre parole chiave per consolidare questo scenario ma soprattutto per irrobustire un tessuto imprenditoriale ancora troppo frammentato. In particolare, secondo il rapporto, il nodo del credito, nonostante i miglioramenti registrati, resta una delle principali questioni da affrontare: serve una differenziazione dei canali di finanziamento, la diffusione degli strumenti di garanzia e di capitale di rischio, il sostegno alla patrimonializzazione, e la maturazione di una cultura finanziaria nelle PMI attraverso iniziative come il Progetto Elite. C’è poi l’implementazione del piano Industria 4.0, con la creazione di una rete di Digital Innovation Hub per far sì che le imprese siano a contatto con le opportunità legate alla digitalizzazione della propria attività. Parlando di impresa 4.0 il presidente di Confindustria Campania, Costanzo Jannotti Pecci ha sottolineato la possibilità di “creare molti posti di lavoro, andando su versanti nuovi ed innovativi”. Nel corso della presentazione il responsabile Studi Economici di Cerved, Guido Romano, ha evidenziato come “i segnali di ripresa che l’anno scorso erano timidi, quest’anno si sono rafforzati”. “La centralità del Mezzogiorno nella crescita del Paese è fondamentale” ha rimarcato il vicepresidente di Confindustria nazionale Stefano Pan, secondo il quale “abbiamo segnali positivi che non sono più uno spot. Adesso dobbiamo dimostrare che si può crescere mettendosi in rete. Il meridione può e deve farlo”.