Monica Pelliccione, giornalista e scrittrice di Monica Pelliccione, giornalista e scrittrice

La tragedia, vista da vicino, ha il sapore amaro della sconfitta. L’Abruzzo “forte e gentile” è oggi una terra fragile, scossa dal terremoto, piegata sotto il peso della neve, tremante di paura e dolore. Montereale, Capitignano, Campotosto, Farindola. Drammi che si sommano a drammi, in un macabro balletto di terrore, che attanaglia il fisico e la mente. Ancora migliaia le famiglie bloccate dalla neve nei paesini dell’entroterra aquilano, colpiti dal terremoto, dove le scosse sono continue e ripetute. Così, anche nel teramano e in provincia di Pescara, dove anche la pioggia rappresenta un pericolo. E nella prigione della precarietà, tra sgomberi forzati e crolli improvvisi, si consuma un’altra tragedia: quella dell’hotel Rigopiano, a Farindola, travolto da una slavina provocata dal terremoto. Al suo interno trenta persone, almeno venti ospiti di cui due bambini, arrivati dall’Abruzzo, da Roma, Macerata, dalla Svizzera e dalla Germania. Per raggiugerlo ci sono volute ore. Si continua a scavare, alla ricerca dei corpi.

E’ un film già visto nel 2009, quando il terremoto dell’Aquila ha provocato 309 vittime e raso al suolo una città e il suo circondario. La replica, il 24 agosto scorso, con il sisma di Amatrice. Ma stavolta la catastrofe si è sommata all’emergenza, con la forza della natura che ha dilaniato un’intera regione, senza lasciarle fiato. Centri abitati completamente isolati, al buio per giorni, a causa della totale interruzione di energia elettrica.

Una sorta di geografia delle priorità, quella che i soccorritori e le forze in campo vanno disegnando: gli uomini e i mezzi non bastano, nonostante il dispiegamento dell’esercito e della Protezione civile. La paura si tocca con mano. All’Aquila vengono riaperti i moduli provvisori: 450 posti letto che si ripempiono in poche ore. A Campotosto, zona dell’epicentro del sisma, dove il municipio è crollato, molte frazioni sono ancora bloccate. A Civitella del Tronto, in provincia di Teramo, è venuto giù il tetto dell’Abbazia di Montesanto. E ancora, problemi a Chieti, dove un reparto dell’ospedale è stato evacuato, mentre a Castiglione Messer Raimondo, zia e nipote sono stati salvati dai vigili del fuoco, estratti dalle macerie di una legnaia. Completamente evacuato Crognaleto, comune del teramano, già colpito dal terremoto di ottobre. A Ortolano, una frazione di Campotosto, nell’aquilano, una valanga ha travolto un uomo di 65 anni, ancora disperso. L’anziano, dopo la prima scossa, è fuggito di casa. Da allora, si sono perse le sue tracce. La valanga, che aveva un fronte di almeno trenta metri, lo ha travolto. A incutere terrore è quel mostro, tornato a ruggire nelle viscere della terra. Le sei scosse consecutive del 18 gennaio, di cui tre di magnitudo superiore a 5 gradi della scala Richter, hanno riportato L’Aquila indietro di otto anni. Scuole e università chiuse, negli ospedali solo interventi di emergenza. Disposto anche il fermo delle attività negli uffici, mentre si allestiscono scuole-dormitorio per ospitare gli sfollati. Montereale e Capitignano, epicentri del terremoto, sono lì, a due passi. Isolati dalla neve, investiti dalla bufera. I soccorritori scavano, si fanno largo con le turbine. Tentano di liberare le famiglie ancora bloccate in casa, sepolte da oltre due metri di coltre bianca. Un incubo infinito, difficile da raccontare. L’Abruzzo trema, continua a tremare. Di freddo, paura, orrore.