La Germania blocca il TTIP, il Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti, un accordo commerciale di libero scambio in corso di negoziato gli Stati dell’Unione europea e gli Stati Uniti d’America, che l’UGL ha sempre considerato molto pericoloso sia per gli interessi economici che per la tutela della salute dei cittadini europei.

Il  vicecancelliere e ministro dell’Economia tedesco, Sigmar Gabriel, ha infatti dichiarato che «i negoziati con gli Stati Uniti sono effettivamente falliti perché come Europei non possiamo accettare supinamente le richieste americane» e che «non ci sarà più alcun passo avanti, anche se nessuno lo vuole ammettere veramente».

I negoziati, avviati nel 2013, erano stati da sempre molto critici. Alcuni stati europei, in particolare la Francia e la Germania, non avevano mai nascosto le proprie perplessità per quello che sembrava un accordo utile solo agli interessi statunitensi ed al contrario dannoso per l’Europa. Posizioni critiche anche grazie alle forti pressioni dell’opinione pubblica tedesca, mobilitata contro il trattato attraverso imponenti manifestazioni di piazza.

In Italia, invece, nonostante le forti perplessità espresse da molti attori politici e sociali, fra cui il nostro sindacato, il governo è sempre sembrato maggiormente propenso ad accettare l’accordo, seppure con alcune modifiche, ed il livello di informazione e mobilitazione dell’opinione pubblica non è mai stato molto significativo, nonostante l’importanza del settore agroalimentare per il nostro Paese.

Il TTIP ora sembrerebbe invece fortunatamente saltato grazie alla volontà tedesca ed anche a causa delle prossime tornate elettorali in America e poi in Francia e Germania, che fanno prevedere una sospensione delle trattative almeno fino al prossimo anno.

L’Ugl ha da sempre e duramente criticato l’accordo in quanto l’obiettivo dell’ulteriore liberalizzazione degli scambi fra le due sponde dell’atlantico promossa dal TTIP avrebbe avuto come conseguenza  oltre alla riduzione dei dazi doganali, anche la rimozione delle cosiddette “barriere non tariffarie”, ossia le differenze in regolamenti tecnici, norme e procedure di omologazione, standard applicati ai prodotti, regole sanitarie e fitosanitarie.

Uno dei settori che sarebbero stati maggiormente toccati da tale accordo è quello dei prodotti agroalimentari, mediante l’abrogazione delle barriere costituite dalle diverse regolamentazioni in merito alla presenza degli OGM, di ormoni nella carne, del lavaggio con il cloro delle carcasse di pollo e con l’acido lattico di quelle di mucca. Le regolamentazioni Europee sono molto più restrittive, quindi il vantaggio economico lo avrebbero avuto gli USA a scapito sia delle aziende dell’agroalimentare che dei consumatori europei, che avrebbero visto i mercati invasi da prodotti statunitensi meno salubri e controllati.

Per il momento questo pericolo sembra fortunatamente scongiurato.