di Caterina Mangia

Il 2015 è stato foriero di novità positive per l’Italia.
A dirlo – nel corso della tradizionale conferenza stampa di fine anno a Montecitorio – è il premier Matteo Renzi.
Mostrando la sua abituale sicurezza in sé, il presidente del Consiglio ha tracciato un bilancio del periodo appena trascorso, rivendicando le misure messe in campo dal governo: “il 2015 è andato meglio del 2014, lo dice la realtà dei fatti” – ha scandito di fronte alla platea dei giornalisti -, aggiungendo che “nelle principali sfide” si è registrato un segno che “torna positivo”; poi ha snocciolato dati: in Italia c’è “un indice di fiducia spaventosamente alto”, quello dei consumatori “è a quota 117,6 mentre un anno fa era a 97,4”. Si tratta di “20 punti” di differenza che mostrano un “Paese che si sta rimettendo in moto”.
E se il 2015 è stato “l’anno delle riforme”, il 2016 sarà quello “dei valori”: “la Legge di Stabilità, che in molti criticano come “mance e mancette”, “mette denaro” su settori come “scuola e università, cultura, servizio civile”.
Con la stessa self-confidence, il premier “darebbe per scontato” che Bruxelles accolga le richieste italiane riguardanti la flessibilità sulla legge finanziaria, perché l’Italia “non solo non chiede sconti”, ma ha rispettato “tutte le regole” e “chiede che le regole Ue siano rispettate da tutti”. Renzi
Sul fronte politico interno, il premier ha dichiarato che immagina “il referendum costituzionale nel mese di ottobre 2016”, aggiungendo: “se lo perdo, allora sarà fallita la mia politica”.
“Questo sarà il mio ultimo incarico pubblico, come è naturale che sia”, ha poi aggiunto, assicurando inoltre che “non ci sarà alcun rimpasto di governo”: “se ci sarà bisogno, visto che manca ancora qualche casella al governo, le copriremo”.

SALVABANCHE – Sulla grave vicenda, il premier ha precisato che “chi ha subito danni o è stato truffato” deve sapere che “lo Stato è dalla sua parte e noi faremo di tutto perche’ possa avere indietro quello che ha perso”.
UNIONI CIVILI –  I 12 mesi a venire potranno essere il periodo “chiave”: “io dico che dobbiamo portarle a casa”, ha spiegato Renzi, anche se si tratta di “un tema che va depurato da tensioni di natura politica stretta”, perché è una questione “che divide”.
PENSIONI – Altro capitolo scottante: “non le toccheremo”, dichiara il premier, aggiungendo: “ovviamente se ci saranno da fare degli interventi sulle pensioni d’oro saranno fatti dopo un lungo dibattito che sarà contraddistinto da grande trasparenza”.
SCUOLA – Un riferimento “piccato” ai professori che non hanno fatto domanda di assunzione, “sobillati da qualche genio”: se l’avessero fatta, “sarebbero stati assunti nella loro regione e ora avrebbero un posto di lavoro a tempo determinato”.
IL BELPAESE E L’UE – Il presidente del Consiglio ha posto un forte accento sul ruolo italiano nello scenario internazionale: rivendicando “uno splendido rapporto personale con la cancelliera Merkel”,  ricorda che il suo ruolo consiste nel rappresentare il nostro Paese: “vorrei che la stampa prendesse atto che quando parla il premier italiano non è necessario scrivere costantemente che si sta lamentando dell’Ue. Se con la cancelliera Merkel discutiamo di linee della politica economica europea non stiamo attaccando l’Europa, la stiamo difendendo”. Il Vecchio Continente, ha poi chiarito, “cresce meno perché ha scelto una politica economica sbagliata: quella di Obama ha portato l’America fuori dalla recessione, quella europea no”: per Renzi “non è stata scelta la strada giusta, quella di flessibilità, crescita e investimenti”.
– DICHIARAZIONI TROPPO OTTIMISTICHE? Il quadro roseo presentato dal premier, che ha citato dati positivi su Pil e occupazione, ricordando le riforme e la riduzione delle tasse, manca tuttavia di molti tasselli; per il segretario generale dell’Ugl, Francesco Paolo Capone, “il tallone di Achille del governo Renzi è rappresentato dall’insieme delle riforme economiche: sia quelle concluse, come la cosiddetta riforma del lavoro, sia quelle rinviate, come la flessibilità in uscita in tema di previdenza, che avrebbe potuto risolvere definitivamente tutte le questioni aperte, dagli esodati ai quota 96 e alle lavoratrici vicine alla pensione”. Secondo Capone, “per il Sud ben poco è stato fatto, lo dimostrano la percentuale indecorosa della disoccupazione giovanile, con conseguente e ovvio calo delle nascite, e il vero e proprio tracollo delle infrastrutture, fra mancati investimenti e alcuna forma di manutenzione. Senza dimenticare l’annosa ingiustizia nei confronti dei dipendenti pubblici, a cui evidentemente non può essere rinnovato il contratto di lavoro con le cifre stanziate dal governo”.
“Per l’Ugl il presidente del Consiglio non ha sbagliato unicamente nella scelta degli strumenti, come rivelano gli scarsi e precari risultati del Jobs Act in tema di occupazione – aggiunge il sindacalista -, ma anche nella prospettiva, preferendo dividere il Paese sulle riforme istituzionali invece di dare priorità alla ‘questione delle questioni’ ovvero alla politica industriale orientata allo sviluppo e su di essa misurarsi con i partiti, i sindacati e le imprese”.
Per la deputata di Forza Italia, Renata Polverini, Vice Presidente della Commissione Lavoro, sono stati utilizzati “toni ottimistici sopra le righe rispetto alla situazione reale del Paese”: “la polemica contro i gufi è ormai diventata sterile e ripetitiva considerato che, dati alla mano, c’è ancora molto da fare per uscire dalle sabbie mobili in cui si trova l’Italia”.
Secondo Polverini, “sul tappeto restano ancora le questioni più difficili e allo stato attuale non sembra che questo Esecutivo abbia la necessaria forza per affrontarle”: la Legge di Stabilità del Governo, infatti, “non dà ancora le risposte necessarie ed urgenti che il Sud attende”; inoltre, “il Presidente del Consiglio continua a parlare sempre e solo ad un target di persone”, dimenticando “gli esodati, persone prive di reddito non per loro scelta e i quota96 che vorrebbero godersi la pensione”. Le politiche del governo penalizzano inoltre “i pensionati che non hanno beneficiato dei famosi 80 euro”; a ciò si aggiunge il grave fatto che “dal 2016 alle donne serviranno ventidue mesi di anzianità in più per andare a riposo”. In poche parole, per la deputata “non c’è fondamentalmente un progetto nuovo, una vera politica industriale, un’idea concreta su dove vuole portare il Paese”.