di Mario Bozzi Sentieri

Lungi da noi il voler raffreddare l’entusiasmo del popolo del web, galvanizzato dagli ultimi risultati elettorali. Mentre c’è chi gioisce per il successo delle forze ostracizzate dai principali conduttori televisivi (da Fazio alla Gruber, da Formigli a Floris, a Gad Lerner), concedendosi qualche sfottò, il dato oggettivo è che ai numeri elettorali (e che numeri per la Lega e per Fratelli d’Italia) non sembra corrispondere un’identica “alternanza” comunicativa. Sugli schermi la pattuglia “progressista” è insomma destinata a confermare la sua egemonia politico-culturale, malgrado il vittimismo diffuso. Gad Lerner si trasforma in una prefica, piangendo per i rischi democratici (“Già in passato le classi subalterne si illusero di trovar tutela nella trincea della nazionalità. Non finì bene” – scrive in un post su Facebook), ma intanto da qui a poco si prepara ad inaugurare, giusto sulla Rai, Terza Rete, una nuova trasmissione, che sarà varata il prossimo 3 giugno. Titolo della trasmissione “L’approdo”, con un occhio nobile alla storica trasmissione culturale in bianco e nero della Rai, ma con evidenti citazioni all’attualità (il sequestro della nave Sea Watch 3), sottolineata senza remore dal conduttore: “Tra alcuni anni proveremo vergogna per il comportamento del nostro Governo, per la denigrazione di chi pratica il soccorso in mare, per l’offesa recata a dei sofferenti trattati come se fossero dei furbi e ci chiederemo come sia stato possibile accettarlo. Le lezioni della storia purtroppo non insegnano, nonostante testimoni come Liliana Segre ci abbiano ammonito che l’indifferenza si trasformerà in senso di colpa”. Una bella premessa per la prima puntata … Questo il quadro non esaltante della comunicazione radiotelevisiva, che non sembra discostarsi dal più generale panorama culturale nazionale. Nel corso degli anni sono cambiate le maggioranze parlamentari, si sono succeduti ai vertici Rai consiglieri, amministratori e presidenti di vario orientamento, ma la “minestra” culturale è stata sempre la stessa, costringendo i telespettatori a sorbirla, anche quando non ne apprezzavano il sapore, convinti da un messaggio sottile e pervasivo che altro non c’era a disposizione. Tanto meno a destra, una destra tratteggiata come incolta o comunque distratta. Vai a spiegarglielo che la migliore cultura europea non aveva né radici né ascendenze “di sinistra”. Vai ad elencare nomi e titoli esemplari. Certe “distrazioni” (da parte del centrodestra governante) si pagano, con il risultato che, al di là delle maggioranze elettorali, a “governare” sul versante delle idee sono sempre stati gli stessi. A questo punto dire basta è il minimo. E non tanto nel senso di auspicare censure ed epurazioni, quanto, molto più semplicemente, in ragione di una “par condicio” culturale, per decenni disattesa. Le idee ci sono ed anche gli uomini in grado di portare in video argomenti e proposte autenticamente “alternative” al circo di una sinistra sempre più autoreferenziale e vuota di contenuti. Basta cercarli e dare loro voce. E magari da lì partire per una più ampia offensiva culturale, in grado di archiviare vecchie rendite di posizione, di aprire finalmente al confronto plurale, di offrire visioni inusuali. L’invito – in sintesi – è di cogliere l’attimo – ci auguriamo non fuggente – di una nuova domanda di rappresentanza politica, per trasformarlo in un progetto di più ampia durata. I numeri elettorali ci sono. Gli argomenti non mancano. Ora si tratta di passare ai fatti, per trasformare in azione culturale le idee. Basta volerlo.