Le cose si complicano per Theresa May, determinata, ma prossima a lasciare la guida del Partito conservatore. La premier britannica, infatti, ha comunicato ieri in serata la decisione di annunciare la data certa delle sue dimissioni all’inizio di giugno, dopo il nuovo voto sull’accordo sulla Brexit. Alla fine, quindi, May ha dovuto cedere alle pressioni degli esponenti del suo partito a lei più ostili che da giorni le stavano chiedendo di dare indicazioni più dettagliate su quando sarebbe potuto avvenire il passo indietro. La Brexit è la chiave di tutto. E sul punto le trattative con i laburisti sono fallite. Ad annunciarlo è stato il leader laburista Jeremy Corbyn, in una lettera alla premier britannica in cui scrive che dopo sei settimane di colloqui si è arrivati «fin dove si poteva», anche se la premier ritiene che la spaccatura nel Labour, tra quanti vogliono attuare la Brexit e quanti vorrebbero ripetere il referendum, sia alla base della conclusione delle trattative. Naufragata l’ipotesi di un’intesa tra Tory e Labour, alla May resta la strada più impervia, peraltro già prevista: far esprimere per la quarta volta il Parlamento britannico sull’accordo già bocciato nelle precedenti occasioni. Sullo sfondo, intanto, spunta Boris Johnson, critico di Theresa May, il quale ha già fatto sapere di essere pronto a candidarsi per la leadership del Partito conservatore.