Da questione strettamente sindacale, da contrattare fra le parti sociali, rischia di diventare un affare politico. In queste ore, infatti, il segretario del Partito democratico, Nicola Zingaretti, prova a sfidare il vicepremier Luigi Di Maio, che, per inciso, è anche il ministro del Lavoro e dello sviluppo economico, sul versante del salario minimo per legge, chiedendogli di rompere gli indugi e di votare il disegno di legge dello stesso Partito democratico, attualmente in discussione presso la commissione lavoro del Senato, unitamente a quello firmato dalla presidente della commissione stessa, la pentastellata Nunzia Catalfo. Un tentativo, quello di Zingaretti, di accreditarsi come partito del lavoro, quasi dimenticando le tante controindicazioni che i sindacati e le organizzazioni datoriali hanno espresso intorno all’introduzione per legge di un salario minimo orario. Dopo una interlocuzione con il governo e con la commissione, le parti hanno avuto rassicurazioni circa il collegamento con la contrattazione collettiva per evitare situazioni controproducenti per i lavoratori e per le stesse imprese. Il disegno di legge del Partito democratico, prevedendo un salario minimo orario a 9 euro netti, finirebbe per avere effetti negativi sui livelli occupazionali: le aziende, attraverso le loro rappresentanze, hanno chiarito che, per rientrare dei costi, sarebbero costretti a licenziare del personale.