di Mario Bozzi Sentieri

“Noi siamo l’ultimo bastione contro l’estrema destra”: così Ska Keller, politica tedesca, parlamentare europea dal 2009 e candidata dei Verdi alla presidenza della Commissione Europea, in un’intervista pubblicata da “Linkiesta”. Il “noi” sta per gli ambientalisti, i paladini dell’ecologia, i Grünen, laddove la destra e i populisti sono considerati “negazionisti” del cambiamento climatico e volgari saccheggiatori dell’ambiente. Ognuno si inventi i nemici che vuole. Si eviti però di falsare – a proprio piacimento – la realtà. Se c’è un tema intorno al quale “da destra” è cresciuta ed è venuta articolandosi una coerente linea alternativa è proprio il tema dell’ambientalismo. Certo, c’è destra e destra. Una cosa è il mondo della cosiddetta destra industrialista, tutta profitto e produzione. Altro evidentemente le idee declinate da chi – e non da oggi – ha individuato nell’ecologia un originale fronte di lotta, senza nulla concedere al facile ecologismo “progressista” ma anche senza assecondare gli eccessi di un industrialismo senza radici. Come ci ha sempre ricordato – del resto – Alain de Benoist, già dagli Anni Quaranta l’esaltazione della “vita naturale” e dei “valori agresti” ha costituito uno dei temi preferiti della destra sociologica. Adriano Romualdi, intellettuale di ispirazione nazional-rivoluzionaria, identificava il significato ultimo della battaglia ecologista proprio con la conservazione delle differenze e delle peculiarità necessarie all’equilibrio spirituale del pianeta, conservazione di cui la protezione dell’ambiente naturale è una parte. Nella militanza “ambientalista” si sono sperimentati, a partire dagli Anni Settanta, ampi settori della destra sociale, in Italia (con i Gruppi di Ricerca Ecologica e Fare Verde), in Germania (con l’Okologisch Demokratische Partei), in Francia (con il Mouvement écologiste indépendant). Come ha sottolineato Marco Tarchi (“Molte destre, nessuna destra?”, su “Trasgressioni”, n. 62, settembre-dicembre 2018) i cardini di una destra sensibile ai temi dell’ambientalismo “sono la protezione della diversità dell’ecosistema, contro la monocultura omogeneizzante planetaria; la credenza nell’esistenza di leggi di natura invalicabili e la accettazione della nozione di limite (che ha portato, fra l’altro, all’opposizione agli organismi geneticamente modificati, o Ogm); la valorizzazione del rapporto con i luoghi e il paesaggio, contro la riduzione della natura a strumento di profitto”. Tutti questi richiami  che cosa significano? Intanto che i confini dell’ambientalismo sono ben più ampi di quelli immaginati da un “verdismo” di maniera, sostanzialmente mondialista e materialista. E poi che l’uso strumentale della lotta ambientalista – sventolata da Ska Keller contro “l’estrema destra” – non fa bene ad una battaglia di verità, che ha nel “trasversalismo” uno dei suoi elementi fondanti, un “trasversalismo” che sappia andare all’essenza della crisi del mondo moderno, contro tutte le omologazioni e contro tutti gli eccessi del produttivismo. D’altro canto, su un piano strettamente politico, restringere l’emergenza ecologista in un ambito elettoralistico significa indebolire piuttosto che rafforzare il “movimento Verde”, facendogli perdere quella autonomia di elaborazione che è la sua forza reale. Nel libero confronto interdisciplinare la battaglia ecologista rappresenta una sfida aperta, a patto di non “inquinarla” con piccole battaglie di schieramento finalizzate a rosicchiare qualche percentuale di voto in più. Per poi – come è già accaduto nel passato –  finire travolta dal piccolo cabotaggio politicante.