Il Segretario Generale Paolo Capone a capo di una delegazione Ugl, composta dal responsabile per le Relazioni istituzionali dell’Ugl Roma, Stefano Andrini, si è recato venerdì scorso, 22 febbraio, a Cucuta città della Colombia al confine con il Venezuela – dove il 23 febbraio è stato organizzato anche il concerto anti-Maduro, “Venezuela Live Aid”, con lo scopo di raccogliere 100mln di dollari per il Venezuela – allo scopo di portare un concreto sostegno alla popolazione venezuelana con la consegna dei beni di prima necessità e medicinali, raccolti nella città di Cucuta e che sarebbero poi stati trasportati attraverso il ponte di Las Tiendidas sul fiume Meta al confine con la Colombia. L’Ugl è stata l’unica delegazione italiana presente a Cucuta, presenza segnalata da tanti e importanti media del nostro Paese.
Forte e toccante la testimonianza che Capone ha dato in questi giorni in tempo reale sui social, corredata da foto e video con l’hashtag #oltreilsindacato: «La nostra presenza qui sul confine tra Colombia e Venezuela – ha scritto sul suo profilo facebook – ci ha fatto constatare come il popolo Venezuelano è stanco di un dittatore che addirittura “brucia” gli aiuti umanitari che arrivano da tutto il mondo anziché farli distribuire al suo popolo affamato da mesi. Gli aiuti umanitari (medicine comprese) non possono essere bloccati da nessuno. Il regime Maduro è una vergogna mondiale. Il Venezuela tornerà presto libero e democratico. Noi ci siamo e ci saremo. Noi siamo ‘l’Altro Sindacato’ anche per questo: a difesa dei più deboli e degli emarginati sempre”.
La delegazione dell’Ugl non ha avuto paura di recarsi «sulla prima linea del ponte Bolivar, uno dei tre che collega la Colombia con il Venezuela» e di ritrovarsi in una «situazione tesa», con attacchi da parte della Polizia Venezuelana con lacrimogeni e non solo. «Sentiamo sparare di continuo oltre il Ponte Bolivar – sono state le parole del Segretario Generale – mentre la polizia ci carica. I tre ponti che collegano la Colombia al Venezuela sono bloccati. Noi siamo sul Ponte Bolivar, uno dei tre collega la città colombiana di Cucuta con il Venezuela, e stiamo cercando di creare una catena umana. La tensione è alta in questo momento».