di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Mentre i media e le alte burocrazie nazionali ed europee, ogni giorno e a volte anche più volte al giorno, vivisezionano l’Esecutivo italiano e ne annunciano ad ogni piè sospinto la crisi imminente, enfatizzando le, pur presenti, frizioni fra i due partiti che lo sostengono, nell’Europa dei “buoni”, i governi traballano veramente e vistosamente. Il “malato” d’Europa, che saremmo noi, primo grande Stato Ue a guida populista, va avanti, magari a passi stentati, ma regge, nonostante tutto. I “sani”, invece, sembrano non passarsela troppo bene. Se la Francia, divisa tra En Marche e gilet gialli, e la Germania, con la Grosse Koalition in affanno, hanno maggioranze in crisi profonda, ora anche la Spagna si trova ad affrontare i propri nodi irrisolti. Il governo di minoranza del socialista Sanchez, salito al potere senza passare per le urne dopo lo scandalo che aveva coinvolto l’ex premier Rajoy e che si reggeva solo grazie all’appoggio esterno di Podemos e degli indipendentisti catalani, sembra avviato al capolinea. La legge di bilancio presentata dal premier e leader del Psoe, infatti, è stata bocciata dal Parlamento di Madrid. Hanno votato contro, oltre alle opposizioni di centro e di destra, anche gli indipendentisti catalani, delusi dal rifiuto del governo di negoziare l’autodeterminazione della Catalogna e di spendersi in favore dei leader indipendentisti attualmente sotto processo. Ora anche in Spagna l’establishment potrebbe trovarsi ad affrontare il temuto verdetto delle urne, con il partito popolare in grossa crisi e quello socialista in altrettanto palese difficoltà, la questione catalana ancora tutta da chiarire e la probabile ascesa delle forze dell’area populista e sovranista, Ciudadanos e Vox. Sanchez solo domani dovrebbe sciogliere la riserva, ovvero decidere se trincerarsi al governo, pur solo con l’esercizio finanziario provvisorio, fino alla scadenza della legislatura prevista per il 2020, oppure rassegnare le dimissioni e ridare la parola al popolo con elezioni a breve, attorno alla fine di aprile. Sullo sfondo c’è lo “spettro” tutt’altro che irrilevante, delle europee. L’esito delle votazioni spagnole, che dovrebbero tenersi, in caso di scioglimento delle Camere, più o meno un mese prima di quelle continentali, avrebbe ripercussioni non solo in patria, ma in tutta Europa, proprio al culmine della campagna elettorale. Eppure sarebbe non solo giusto, ma del tutto salutare, persino per gli stessi “europeisti”, ridare la parola al popolo e ci auguriamo che Sanchez compia la scelta più equa. Gli europei, spagnoli compresi, ne hanno abbastanza di decisioni calate dall’alto, di governi di minoranza benedetti da Bruxelles, di strategie atte ad aggirare la volontà popolare ed hanno tutto il diritto di scegliere liberamente i propri rappresentanti, piacciano o meno alle sempre più minoritarie “elite”.