Se fosse una competizione calcistica, quella di stasera per Theresa May sarebbe la più classica delle partite da “dentro o fuori”. È del tutto improbabile che oggi il Parlamento britannico voti a favore del suo piano per l’uscita dall’Unione europea, una prospettiva che a sua volta – nel caso si concretizzasse il risultato del pronostico – metterebbe nuovi punti interrogativi sul futuro più immediato del Regno Unito. Il voto si terrà alle 19 ora locale, da noi saranno le 20. Le operazioni dureranno circa mezz’ora, dopodiché si aprirà con ogni probabilità una nuova fase – tutta da scrivere – che però prevede tempi sempre più stretti. Ad ora si sa che le opposizioni – laburisti, liberali, verdi e scozzesi – voteranno in modo compatto “no” al piano di accordo siglato dal governo di Londra e Bruxelles. Poi vanno aggiunti alcuni deputati dello stesso partito conservatore di Theresa May, più (quasi certamente) i dieci deputati del DUP, il partito nordirlandese fondamentale per la tenuta della maggioranza. Di fatto, questa sera il Parlamento potrebbe respingere in maniera schiacciante il piano del governo per l’uscita dall’UE. «Abbiamo il dovere di attuare la Brexit o sarà catastrofico per la democrazia», ha incalzato May alla vigilia del voto, ricordando il dovere di non tradire la volontà popolare espressa tramite il referendum del 2016. Quali scenari in caso di sconfitta per la premier britannica? Nei giorni scorsi May aveva fatto intendere che l’eventuale bocciatura del piano non produrrà in automatico le dimissioni (anche se nelle ultime ore si sono rincorse diverse voci in questo senso, in un secondo momento smentite) e avrà pochi giorni a disposizione per illustrare al Parlamento le prossime mosse. L’ipotesi di elezioni anticipate fa gola ai laburisti di Jeremy Corbyn, ma non sembra una strada davvero praticabile. Potrebbe allora essere esteso l’articolo 50 – che offre agli Stati membri la possibilità di ritirarsi dall’Unione, superati  alcuni step nell’arco di due anni –, così da concedere qualche mese in più per un accordo che il Parlamento valuti successivamente in maniera positiva. Sullo sfondo resta l’idea di un secondo referendum, ma tale circostanza sconfesserebbe per intero la “dottrina May”. Oggi i ministri del governo May proveranno a convincere i deputati a far prevalere l’interesse nazionale. Nel pomeriggio riprenderà il dibattito a Westminster con l’intervento dell’attorney general, Geoffrey Cox. Alle 18,30 sarà di nuovo la volta di Theresa May, per un ultimo – disperato – appello. Ieri le rassicurazioni di Juncker e Tusk sul backstop per le frontiere irlandesi, che entrerà in vigore «solo se strettamente necessario».