di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Scorrendo le pagine dei giornali, saltano agli occhi alcune interessanti novità. In particolare due notizie, riguardanti ambiti politici diversi, inducono a riflettere su alcuni mutamenti, forse più profondi e strutturali di quanto in un primo momento si potesse immaginare. La prima notizia è quella che riguarda la Tav. Data la diversa posizione in merito all’opportunità di andare o meno avanti con l’opera rappresentata dai due partiti di governo, che interpretano i punti di vista di una cittadinanza divisa fra favorevoli e contrari, alla luce della possibile bocciatura da parte del comitato tecnico addetto a valutare il rapporto costi/benefici, si sta facendo strada l’ipotesi di indire un referendum. Nel dubbio, la parola al popolo, sovrano. Tutto sommato, potrebbe essere la migliore soluzione: l’imprimatur popolare farebbe accettare di buon grado la decisione anche agli sconfitti, costretti ad alzare le mani di fronte alla volontà degli elettori, e garantirebbe la tenuta dell’Esecutivo. L’altra notizia riguarda, invece, più nello specifico la Lega ed il suo leader Salvini, che, dalla Polonia dove ha avuto un incontro con Kaczynski, in previsione delle prossime europee, propone di stipulare un contratto “come quello sottoscritto con il M5S” nel quale mettere nero su bianco una piattaforma di azioni condivise – un minimo denominatore che riassuma i punti in comune, lasciando spazio al dibattito su quelli, invece, su cui le posizioni sono differenti – da offrire ai partiti sovranisti degli altri Stati Ue ed anche ad altri eventuali interlocutori interessati, non escludendo a priori neanche l’altro asse populista che in questi giorni si sta coagulando attorno a Di Maio, anche se al momento un’alleanza elettorale fra i due movimenti sembra assai poco probabile. Oltre al merito delle proposte, di cui spesso si parla e si è parlato, ciò che risulta altrettanto interessante è che in entrambe le vicende emerge il nuovo metodo politico sorto con la nascita dell’esperimento gialloblu. Si tratta da un lato di una tecnica decisionale basata su pragmatismo e concretezza, ovvero si mettono per iscritto ben precise azioni, concordate, da realizzare il prima possibile, al posto degli ormai “antichi” programmi elettorali omnicomprensivi, sempre rimasti in buona parte inattuati. Dall’altro lato, ove ci sia una differenza di posizioni insanabile, come nel caso Tav, affiora la possibilità di tornare a rimettersi, solo però sulla questione singola e non sull’intero impianto politico, al giudizio popolare, per non interrompere quel legame con la “base” che è la linfa vitale delle nuove forze populiste. Un metodo che tende ad una sintesi fra democrazia rappresentativa e diretta, che sta facendo scuola e con tutta probabilità destinato a diventare, volenti o nolenti, il linguaggio politico dei prossimi anni.