di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Siamo al rush finale per l’approvazione della legge di bilancio, che rappresenta un fondamentale punto di svolta per il nostro Paese. La cosiddetta “manovra del popolo”, come hanno del resto dichiarato i suoi stessi estensori, è, comunque, solo un primo passo in un programma destinato, nelle intenzioni, a durare cinque anni, l’arco della legislatura. Sebbene la manovra contenga elementi importanti, a partire dalle due misure-simbolo, quota cento e reddito di cittadinanza, ci sarebbero ancora molte, moltissime cose da fare. Siamo alle porte di Capodanno ed è tempo di impegni per l’anno venturo. Una fra le riforme che potrebbero rappresentare un segnale importante e che l’Ugl invoca sin dalla sua stessa fondazione consiste nell’attuazione dell’art. 46 della nostra Costituzione che “riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”. Quella di cui parla la Costituzione non è una mera partecipazione agli utili, ma essa arriva a prevedere una vera e propria co-gestione. Eppure l’articolo 46 non ha mai trovato una completa attuazione. Neanche l’interesse che la Ue ha fattivamente dimostrato verso la partecipazione, attraverso l’ideazione della Società europea e dei Comitati Aziendali Europei, è servito a farla adeguatamente recepire in Italia. Nel nostro Paese ci si è limitati essenzialmente a prevedere, per legge o per contratto, i diritti di informazione e consultazione dei lavoratori da parte del management, ovvero ci si è fermati al primo “step” della partecipazione, pochi i casi di partecipazione finanziaria, inattuato quel processo di co-decisione e co-gestione che rappresenta, invece, l’essenza stessa della partecipazione propriamente detta. I motivi di questa mancata attuazione sono diversi, di carattere essenzialmente politico, in un sistema di relazioni industriali dominato da concezioni ideologiche ostili alla partecipazione. Ma ora molte cose sono cambiate, a partire dalle stesse aziende, ormai coinvolte pienamente nel processo di globalizzazione. Con la globalizzazione, la fondatezza dell’idea partecipativa si è ancora più palesata: una concezione che rivendica il legame fra impresa, lavoro e territorio costituisce un vero e proprio antidoto rispetto alle crisi aziendali ed alle delocalizzazioni. Allo stesso modo anche la crescente importanza dei contratti aziendali e decentrati, rispetto al contratto nazionale, rende ancor più praticabile la partecipazione. Infine la stessa crisi economica ha reso più evidente l’esigenza di una corresponsabilizzazione reciproca fra imprenditori e dipendenti. Ora, quindi, che i tempi sono finalmente maturi e che anche il contesto politico è mutato, ci auguriamo che il “governo del cambiamento” possa segnare anche da questo punto di vista, il momento della svolta.