La risposta arriverà probabilmente domenica o entro domenica. L’attesa, si sa, può essere estenuante e il nostro caso non fa eccezione visto che la trattativa tra Italia e Commissione Ue, a Bruxelles, sulla manovra 2019 è ad oltranza. Il ministro Giovanni Tria non tornerà in Italia finché non ci sarà accordo, mentre il premier Giuseppe Conte oggi ha avuto una colazione con la Cancelliera Angela Merkel, a margine del Consiglio europeo che si sta concludendo sempre a Bruxelles. In questo tempo che ci separa dal verdetto della Commissione inizialmente e pregiudizialmente contraria all’Italia, ma poi diventata nelle ultime settimane più conciliante, almeno all’apparenza, fioccano retroscena, giudizi, previsioni. Tria è descritto «disperato» mentre ieri cercava inutilmente di mettersi in contatto con Matteo Salvini per limare le risorse destinate alle pensioni; Jean-Claude Juncker invece come la «colomba» del fronte europeo, mentre Pierre Moscovici e Valdis Dombrosvkis continuano a fare i falchi, ora più con i fatti che con le parole. Molti danno per scontato un esito positivo della trattativa, anche se la gentilezza della Commissione, o meglio di Jean-Claude Juncker, ha un prezzo: all’Italia si chiede uno sforzo in più di quello già compiuto con l’abbassamento del deficit dal 2,4% al 2,04% – grazie al taglio della spesa pubblica e a maggiori ricavi provenienti dalle dismissioni di immobili pubblici – ovvero una ulteriore riduzione delle risorse da destinare a Quota 100 e al Reddito di cittadinanza, cavalli di battaglia delle due anime che compongono l’esecutivo gialloblu, per evitare l’avvio di una procedura per debito eccessivo. Se accordo ci sarà, anche il presidente della Bce, Mario Draghi, è disposto a dare una mano al sistema bancario italiano che dovrà accollarsi un po’ di debito pubblico, registrato proprio oggi ancora in salita da Bankitalia. E meno male che le manovre precedenti avevano passato l’esame della Commissione. In molti in Italia fanno il tifo affinché tutto vada bene, dal presidente di Confindustria Vincenzo Boccia fino ad arrivare, persino, a Tito Boeri presidente dell’Inps, ma molto più eloquente della lunga intervista rilasciata oggi dal vice premier Luigi Di Maio a Il Fatto Quotidiano è sicuramente il silenzio dell’altro vice premier, Matteo Salvini. «Fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza?».